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Più flessibilità per i docenti contitolari (Si/Se)

Due docenti di scuola elementare, entrambi in gamba. Lei un po’ più di trenta anni, mamma di tre figli, una passione (e tante competenze) per l’insegnamento, vorrebbe tornare a lavorare al 20/30%; lui invece ha da poco superato i cinquant’anni, ha una grande esperienza (e competenza) nell’insegnamento e vorrebbe cogliere l’opportunità di dedicare una parte del suo tempo (un 20-30%) alla ricerca in ambito della pedagogia, continuando al contempo a lavorare quale insegnante al 70-80%. Cosa li accomuna? La professione, la sede scolastica e il fatto che entrambi non possono realizzare le proprie aspettative perché la Legge sulla scuola dell’infanzia e sulla scuola elementare impone il vincolo dell’impiego al 50% per i docenti contitolari di una classe. Così, la giovane resta a casa e cerca dei lavori amministrativi, mentre lui deve rinunciare all’opportunità scientifica. Peccato. A perderci, oltre a loro, la scuola e i bambini. E di casi come questi, in giro per il Canton Ticino, ce ne sono molti, con ragioni, modalità e sfaccettature diverse, ma uniti dal cozzare contro una base legale troppo rigida e non più al passo coi tempi.

Proprio per questo – unitamente ai colleghi deputati al Gran Consiglio Giorgio Fonio, Fabrizio Sirica e Sabrina Aldi – abbiamo presentato un’iniziativa parlamentare elaborata volta a sopprimere nella già citata Legge sulla scuola dell’infanzia ed elementare il vincolo dell’impiego al 50% per i docenti contitolari, permettendo ai due docenti anche una diversa distribuzione della percentuale lavorativa. Nel concreto si tratta di modificare l’articolo 10 per permettere la nomina di docenti contitolari "a tempo parziale" (e non più solo a "metà tempo") e per i docenti di materie speciali a tempo pieno o a tempo parziale (togliendo il "non inferiore a metà tempo"). E, ancora più nel concreto, i due insegnanti citati in entrata potrebbero da un lato tornare a insegnare (al 20-30%) e, dall’altro, continuare ad insegnare (al 70-80%) pur dedicandosi anche alla ricerca accademica.

Fra gli obiettivi di tale proposta vi è sicuramente la necessità di maggiore autonomia e flessibilità operativa nell’organizzazione del lavoro e delle classi per le Direzioni scolastiche e i Comuni, a cui competono scuola dell’infanzia e scuola elementare, ma soprattutto l’opportunità di favorire la permanenza di personale formato all’interno del mondo della scuola, specie in presenza di maggiori varietà e complessità sociali nelle classi ma anche nel corpo docenti. Tale opzione – quando percorribile – costituirebbe inoltre un concreto sostegno alla conciliabilità lavoro-famiglia e un miglior equilibrio tra famiglia e professione, in particolare per il rientro nell’insegnamento di neomamme (ad esempio a un 20-30-40%), ma anche per alcuni neopapà che vorrebbero ridurre le proprie ore di lavoro (60-70-80%) per dedicarsi alla cura dei figli o ad altre attività private. Senza dimenticare che – come nel caso citato in entrata – si potrebbe permettere, se non favorire laddove auspicato, il proseguimento e perfezionamento della formazione dei docenti a tutto vantaggio della qualità dell’insegnamento, così come lo svolgimento di attività di lavoro che non arrechino pregiudizio alle esigenze di servizio e non siano incompatibili con le attività di Istituto. Il risultato, più in generale, sarebbe infine quello di portare più soddisfazione, benessere e qualità di vita per il corpo docenti che – a patto che il servizio scolastico sia garantito – potrà meglio calibrare la propria percentuale lavorativa. E gli svantaggi? Non ne vedo: i docenti resteranno sempre al massimo due per classe, come ora, e non vi sono aggravi finanziari per l’ente pubblico. Continuiamo a dire che i docenti svolgono un ruolo centrale nella nostra società, ed è così se pensiamo che grazie ai valori che insegnano ai bambini questi potranno migliorare il mondo: mettiamoli quindi in condizione di svolgere al meglio il loro importante mestiere!

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