L’OSPITE

Politica e previsione

La crisi energetica lo conferma: occorre passare dall’orizzonte della possibilità (ovvero della ‘Realpolitik’) a quello della previsione

(Depositphotos)

Dobbiamo augurarci un inverno breve e mite oppure un inverno lungo e rigido? Nel primo caso risparmieremmo gas, corrente, nafta e sale sulle strade; nel secondo caso, vedremmo schizzare alle stelle le bollette per le energie anzidette e avvicinarsi lo spettro del razionamento. Dunque meglio il primo auspicio? No, dicono gli esperti; un no reciso: quattro mesi con scarse precipitazioni di neve e pioggia potrebbero trasformare le stagioni successive, primavera ed estate, in una fornace, una bolla di siccità peggiore di quella che abbiamo appena vissuto.

Nei Paesi confinanti l’allarme è da mesi sul tavolo dei governi. Si parla di aiuti alle imprese energivore, si cercano affannosamente fonti alternative in aree africane o mediorientali, qualche partito riabilita il nucleare, qualcun altro avvia trattative con regimi prima esecrati perché antidemocratici e nemici dei diritti umani. Da noi la discussione ha preso avvio solo in agosto: "Gli svizzeri si alzano presto ma si svegliano tardi"… Eppure i segnali preoccupanti circolavano da tempo. La pandemia da Covid – assieme al riscaldamento climatico – avrebbe dovuto insegnare che le emergenze non sono più un fenomeno raro e occasionale, ma uno stato ricorrente, in parte prevedibile. Dal "lockdown" al "blackout", il passaggio è sempre più probabile. Perché allora questo ritardo da parte delle autorità federali? Abulia del governo centrale oppure incapacità di individuare i fattori di rischio che minacciano la vita di imprese e famiglie? La Svizzera, che sia durante la Seconda guerra mondiale sia dopo, dagli anni Cinquanta in poi, ha armato la sua neutralità con un capillare dispositivo di difesa, militare e ideologico, si ritrova ora disorientata e priva di strumenti d’intervento efficaci. La Confederazione si è persino scordata di istituire una cellula di crisi permanente con il compito di monitorare la situazione energetica del Paese, così com’è stato il caso, dopo qualche titubanza, con le diverse ondate pandemiche.

La politica, si dice, è l’arte del possibile, affermazione che i manuali di storia attribuiscono al cancelliere Otto von Bismarck. Seconda metà dell’Ottocento, altro clima, altre esigenze. Ora la politica dovrebbe passare dall’orizzonte della possibilità (ovvero della "Realpolitik") a quello della previsione: sguardo lungo; allestire scenari e attrezzarsi di conseguenza; ascoltare con maggiore attenzione quanto vanno affermando, e non da ieri, intellettuali attivi nei vari campi del sapere: gli scienziati, in primo luogo, ma anche gli studiosi delle relazioni internazionali. Una politica sorda agli appelli della scienza è una politica disarmata, miope, balbettante.

Berna esorta a non cedere all’ansia, invita a ignorare la voce dei catastrofisti. Per ora si limita a diramare raccomandazioni incentrate sul "risparmio". Effettivamente il potenziale del risparmio è enorme, ovunque si volga lo sguardo, dagli edifici privati e pubblici ai negozi, dalle aziende ai comuni urbani. Rischiarare le notti è diventata la missione delle società occidentali impaurite dal buio. Acqua ed energia sembravano inesauribili, un pozzo senza fondo, tanto da giustificare qualsiasi uso sconsiderato delle stesse. Nessuno, in Occidente, le riteneva "risorse scarse" da amministrare con oculatezza. Ma ora la fatina dell’elettricità ("Fée Électricité"), che all’Esposizione nazionale del 1896 a Ginevra inghirlandava di lampadine l’alba della nuova era, si appresta a spegnere le luci.

Nel frattempo nel dibattito pubblico sono riemerse le parole appartenenti all’economia della scarsità: sobrietà, austerità, parsimonia, frugalità… il vocabolario dei nostri nonni. Passi piccoli, gesti minimi, ma comunque in grado di ridurre gli sprechi, e non in misura trascurabile. Poi bisognerà accelerare la tanto declamata «transizione ecologica» per gradualmente svincolare il fabbisogno energetico dai combustibili fossili. Ma sarà un processo che richiederà tempo e investimenti cospicui. Per il momento siamo al paradosso di pagare di più pur consumando di meno.

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