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Superflua, ma insidiosa

(Ti-Press)

La votazione del 15 maggio sul decreto concernente il pareggio del conto economico del Cantone è di per sé superflua, perché la Legge sulla gestione e sul controllo finanziario dello Stato al suo articolo 4 già statuisce a chiare lettere che "il conto economico dello Stato deve essere pareggiato a medio termine". Obiettivo dettato dalla saggezza di chi l’ha proposto e che di per sé è sempre stato raggiunto e rispettato. Voler imporre un termine perentorio e dettare condizioni per raggiungere tale obiettivo mi sembra non solo una forzatura inutile, ma anche in contrasto con quel buon senso fondato sull’esperienza maturata negli ultimi decenni.

Concordo che i conti dello Stato hanno preso una piega pericolosa con automatismi e una dinamica all’aumento delle spese che va in qualche modo tenuta sotto controllo. E, per un altro verso, nemmeno condivido il catastrofismo di chi si oppone al decreto perché sono convinto che anche nel campo della socialità, spesso con derive di assistenzialità, e del servizio pubblico in generale ci siano spazi per ottimizzare e contenere i costi.

Qualche irritante abuso è sotto gli occhi di tutti. In tanti anni al fronte ho vissuto innumerevoli esercizi di risanamento dei conti e credo di avere saputo sia proporre e sostenere misure di contenimento dei costi impopolari sia resistere con fermezza a proposte di sgravi fiscali ritenute contrarie all’interesse generale. Ma francamente, anche nel privato e in aziende in qualche modo pubbliche o parapubbliche, non ho mai visto risanamenti dei conti senza tagli alle spese e, allo stesso tempo, senza aumenti delle entrate. E per di più con dei vincoli per dei settori "tabù", verosimilmente per dei calcoli di carattere elettorale, che limitano parecchio la libertà d’azione della politica chiamata a fare i compiti.

A meno che Morisoli e compagni vogliano speculare sulla divina provvidenza e su una ripresa economica che, da sola, mette poi tutto a posto. Scenario di questi tempi, con guerre, pandemia, inflazione, piuttosto remoto, ma che nemmeno può essere escluso a priori.

Lo scenario più attendibile è però un altro. Per il 2022, dopo aver approfittato nel 2021 dei proventi della Banca nazionale, di misure di risanamento non se ne sono viste. Per il preventivo 2023, in odore di elezioni, dubito che governo e soprattutto parlamento abbiano la forza di proporre misure in qualche modo incisive. E anche il 2024 è ancora un anno, oltre che di rodaggio, con appuntamenti elettorali. E quindi la partita vera arrischia di giocarsi nell’ambito del preventivo 2025. In quale contesto economico? Con quali possibilità e capacità di proporre dei correttivi attraverso autentiche revisioni basate su modifiche legislative, pertanto referendabili? Anche perché, per fare un lavoro serio, vanno evitate le scappatoie utilizzate in passato con dei tagli lineari o interventi palliativi su voci di spesa che poi dipendono da fatture che comunque arrivano e vanno saldate.

No, credo proprio che l’obiettivo del pareggio, poiché lo Stato non è un’azienda e nemmeno una banca, debba essere gestito nell’interesse dei cittadini e delle cittadine con misure mirate ed equilibrate, senza imposizioni e senza condizionamenti preventivi. Vanno evitati esercizi da pompiere all’ultimo momento, o anno, che poi di regola producono danni.

Lasciamo lavorare la politica con la dovuta tranquillità ed entro tempi ragionevoli, magari persino più corti. La norma dell’art. 4 della Legge sulla gestione e il controllo finanziario dello Stato che pretende il pareggio dei conti a medio termine è l’espressione della saggezza del passato e ci consiglia, a non averne dubbio, di votare no al "decreto Morisoli".

La fretta fa i gattini ciechi e la parte più debole della nostra popolazione, i servizi a favore del pubblico, la scuola, le strutture sanitarie e i loro utenti non meritano di farsi esporre a dei rischi per delle speculazioni ideologiche poco razionali legate purtroppo a insidie e incognite difficili da valutare.

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