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Il deserto dei Tartari

4 marzo 2022
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Possiamo noi ancora immaginare, a nord dell’Europa, una Fortezza Bastiani? Lo scrittore Dino Buzzati l’ha descritta quale ultimo avamposto ai confini settentrionali del Regno. Domina la desolata pianura chiamata "deserto dei Tartari", un tempo teatro di rovinose incursioni da parte dei nemici. L’autore confessa che il romanzo, pubblicato nel 1940, è stato ispirato "... dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi. Molto spesso, scrisse, avevo l’idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. È un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli uomini, soprattutto se incasellati nell’esistenza a orario delle città. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva". Ricordiamo che di Tartari, o Tatari, ve ne sono più di cinque milioni in Russia e un milione in Ucraina.

In questi giorni una "rovinosa incursione" ha rivelato un mondo militare reale. Dopo pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina da parte delle armate dell’impero russo si è pressoché immediatamente configurata una reazione dell’impero avverso statunitense che, dopo un comportamento esemplare nella grande guerra della prima metà del secolo scorso, in oltre cinque decenni ha poi perso tutti i confronti militari, lasciando distruzione e miseria dove passava e da dove fuggiva senza dignità e senza onore.

Anche oggi, come nella prima metà del secolo passato, i militari sono sorretti da un’unica speranza: vedere apparire all’orizzonte, contro le attese di tutti, il nemico. Fronteggiare i Tartari, combatterli, diventare eroi: sarebbe l’unica via per restituire alla Fortezza Europa la sua importanza, per dimostrare il proprio valore e, in ultima analisi, per dare un senso agli anni buttati via in un luogo di confine. Il desiderio dell’"alleanza occidentale", o Nato, è stato esaudito. Volodymyr Zelens’kyj, attore, sceneggiatore e comico, nato in una famiglia di origine ebraica e di madrelingua russa, è oggi presidente dell’Ucraina. Dopo solo quattro giorni di combattimenti e di resistenza del suo popolo gli è immediatamente riconosciuto, da gran parte dei media e della stampa europea e statunitense, il titolo di eroe nazionale.

Ora è legittimo porsi una domanda: cosa crede di trovare Zelens’kyj da offrire a chi ha combattuto e soprattutto ai caduti, nella parte occidentale del continente guardata da lui con brama, desiderio e smania? Probabilmente l’erba del vicino che è sempre più verde? Oppure, e gli auspici lo confermano quando gli si offrono armi "letali" che lui non rifiuta, trova un impero molto simile a quello che sta combattendo e vuole abbandonare. Trova, infatti, Stati di un’Europa, come la Germania e l’Italia, dopo quasi ottant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, ancora occupati militarmente da una potenza che fu "liberatrice". Lui, un comico, rifiuta di capire che chi porta l’ombrello atomico per proteggerci dovrebbe suscitare preoccupazione quando constata che le guerre importanti devono per forza e sempre essere combattute in Europa. I primi obiettivi delle testate nucleari di Putin dove sono? Noi svizzeri anziani siamo cresciuti credendo nel mito di Guglielmo Tell, creato dalla fantasia popolare. Il nostro eroe nazionale aveva ignorato, passando sulla piazza pubblica, di riverire il cappello imperiale. Oggi, purtroppo, non solo salutiamo le bombette dei trader di Wall Street ma ci rallegriamo, come diligenti scolaretti, quando l’imperatore davanti al suo congresso ci dà una buona nota per aver fatto i compiti da lui dettati. Dov’è la neutralità? È stata dimenticata con gli ideali romantici? La prima Belle Époque definisce il periodo storico, socio-culturale e artistico europeo che va dal 1871 al 1914. La seconda bella epoca, iniziata nel 1945 con la sconfitta del nazifascismo, è durata oltre ottant’anni. Angela Merkel, cresciuta ed educata nella Germania comunista, ha sempre nutrito un sottile pudore che le ispirava il rispetto per l’avversario d’oriente. Scholz, il suo successore, dopo la promessa degli Stati Uniti di affidargli l’egemonia nella Nato e in Europa, vuole armarsi e forse anche aggiungere l’aggettivo di nazionale al suo partito socialista.

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