laR+ I dibattiti

Di matrimonio per tutti e legami biologici

L’iniziativa priva il bambino di ogni diritto nei confronti del genitore biologico. Eppure siamo quello che siamo (anche) in virtù dei nostri geni

(Ti-Press)

Venerdì scorso ho partecipato a un dibattito sul “matrimonio per tutti” promosso dal Liceo di Lugano 1 nel quadro delle attività di educazione alla cittadinanza. Ho incontrato dei (e soprattutto: delle) giovani interessati, informati e molto consapevoli dell’importanza del confronto democratico; un plauso va a loro e al corpo docente. La discussione si è focalizzata sul tema dei figli, anche perché quasi nessuno mette più in discussione la proposta di chiamare “matrimonio” anche le unioni di coppie omosessuali.

L’aspetto che mi ha più colpito, sia nel dibattito che nelle successive discussioni informali, è la scarsa/nulla importanza attribuita al legame biologico. La relazione genitori-figli viene perlopiù interpretata come una relazione esclusivamente sociale e giuridica. La questione, invero, si pone indipendentemente dal genere o dell’orientamento sessuale dei genitori. In una coppia omosessuale l’assenza di uno dei genitori biologici, semmai, è solo più evidente. Il riconoscimento giuridico di un legame di filiazione extra-biologico può essere senz’altro a favore del bambino, in particolare quando si tratta di atti d’amore e di generosità immensi come l’adozione. Questione del tutto diversa è però la fecondazione assistita, nella quale il genitore biologico viene anticipatamente liberato da qualsiasi responsabilità od obbligo nei confronti della figlia o del figlio che ha contribuito a concepire.

La conseguenza della deresponsabilizzazione del genitore biologico, è che il bambino è privato di ogni diritto nei suoi confronti, senza poter obiettare alcunché. Il bambino, neppure volendo, neppure una volta diventato adulto, può pretendere di stabilire un legame di filiazione (giuridico) con il genitore biologico. Suzette Sandoz, professoressa emerita di diritto ed ex consigliera nazionale Plr, riferendosi al “matrimonio per tutti”, ha osservato che ci saranno bambini a cui sarà (giuridicamente) vietato di avere una madre e un padre.

La conclusione è forse espressa in modo eccessivamente duro, anche perché quei bambini non per forza riceveranno minore affetto di chi è stato cresciuto da una mamma e da un papà. Piuttosto, mi spaventa una società in cui si accetti così facilmente che a un bambino possa essere imposta la volontà di uno dei genitori biologici (sbrigativamente liquidato come “donatore di sperma”) di svestirsi fin dall’inizio delle proprie responsabilità educative, di cura e di amore. In ognuno di noi ci sono le generazioni che ci hanno preceduto; siamo quello che siamo (anche) in virtù di quello che ci “scorre” nei geni che ci sono stati trasmessi dai nostri genitori. La Convenzione sui diritti del fanciullo dell’Onu, non a caso, stabilisce che “il fanciullo […] ha diritto […], nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi”. Basta questo, ai miei occhi, per non sostenere una modifica di legge che, pur con le migliori intenzioni, indebolisce ulteriormente questo diritto, dato che estenderà in modo significativo il ricorso alla fecondazione assistita.

In una civiltà che valorizza sempre più l’importanza dell’equilibrio di genere in ogni attività umana, sono inoltre sorpreso che il valore aggiunto del connubio uomo/donna sia negato proprio nella famiglia, la forma di “società” più antica ed elementare. Detto questo, se il legame biologico sembra oggi così svalutato, se non viene attribuito alcun valore proprio alla complementarità mamma/papà, forse anche noi genitori dovremmo interrogarci su come abbiamo fatto vivere ai nostri figli la nostra presenza e il nostro ruolo. Ma qui la politica c’entra poco e penso tocchi innanzitutto ad altre figure dibattere di questi aspetti.

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