I dibattiti

La cosiddetta ‘nuova Bellinzona’: ma dove?

Considerazioni a margine della pianificazione in corso fra quartieri periferici, centrali e Officine Ffs

L'architetto bellinzonese Renato Magginetti (Ti-Press)

È l’aggregazione di 13 Comuni nata dal basso: tre sindaci e alcuni municipali. La considerano impropriamente città convinti che sia il numero di abitanti a renderla tale. No! È un’accozzaglia di villaggi e borghi dentro una grande periferia che definisco cancerogena perché si sviluppa come un cancro, che fagocita tutto. Una piccola parte di Bellinzona avrebbe il potenziale per diventare città, Giubiasco ha la potenzialità per diventare un borgo forte, gli altri quartieri (tra questi Daro, Artore, Ravecchia, Pedevilla, Le Semine, Carasso) dovrebbero valorizzare le loro peculiarità attorno ai propri nuclei, sull’esempio di Monte Carasso. Si dovrebbe eliminare (contenere) la periferia che ha costi economici e sociali insostenibili.

La nuova Bellinzona ha promosso un Masterplan per la città e uno, separatamente, per il nuovo quartiere Officine. Un assurdo. Gli autori delle tre proposte Masterplan Bellinzona non sembrano saper leggere il territorio, un piano di catasto, l’evoluzione storica, per capire cosa è arrivato prima e cosa dopo e perché.

Soffermiamoci sul quartiere di Bellinzona. Dominato dai tre castelli, è caratterizzato dal centro medievale, tra la collina e la rocca, e da interventi 800eschi: la stazione ferroviaria con il suo viale, i quartieri di San Giovanni e di via Vela, i viali Motta, Guisan, Portone, Murata e Franscini. Con l’arrivo della ferrovia, 1870, i bellinzonesi avevano scoperto la modernità e si sono messi all’opera per trasformare il vecchio borgo in una moderna cittadina; purtroppo tutto si è arenato con lo scoppio della prima guerra mondiale. Ci sono anche interventi architettonici-urbanistici del moderno, molto importanti: lo stabile amministrativo cantonale a lato del palazzo delle Orsoline, il quartiere Stalingrado, la cooperativa Moderna, l’aggiunta alla Scuola Nord, l’ex ginnasio, l’ex nuova Caserma, il Bagno pubblico, il Centro tennis, la piscina coperta e lo stadio del ghiaccio, la nuova Banca Stato, i palazzi dell’arch. Bianconi in via Vallone, l’ex centro Swisscom. Anche lo Stadio comunale è in posizione strategica.

A Bellinzona, di fatto, c’è un grande parco centrale, attrezzato con importanti edifici e impianti pubblici, che si affaccia sulla golena del fiume Ticino, attorno al quale si deve sviluppare la Città: quartieri densi, con edifici contigui e corti e cortili; tra il viale Franscini e il Dragonato, a sud, e tra il viale Motta e via Varrone e via Vallone, a nord. Sono terreni strategici che appartengono a tanti piccoli e medi proprietari fondiari e immobiliari che da generazioni pagano le imposte in questo Comune.

Per permettere di trasformare l’attuale squallida periferia in quartieri cittadini, questi terreni andrebbero liberati da normative obsolete, assurde, presuntamente divine (distanze da confini ed edifici, in funzione delle altezze e delle lunghezze delle facciate, ecc.) che non hanno mai avuto alcun rapporto con modelli architettonici-urbanistici. Anche gli indici di sfruttamento andrebbero adeguati.

Il comparto delle Officine Ffs, invece, dovrebbe diventare un quartiere cittadino dedicato unicamente al lavoro: industria leggera, artigianato, start up, studi vari e di ricerca e di formazione; io ci metterei anche l’industria del turismo (la scuola alberghiera, un albergo e naturalmente ristoranti, bar, osterie e discoteche e locali per ascoltare buona musica). A Bellinzona abbiamo bisogno di aree in posizione strategica da dedicare al lavoro!

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