La replica a Gendotti

Sussidiarietà: 'Caro Lele il tuo timore è ingiustificato'

Claudio Mésoniat dir. editoriale del Federalista replica all'ex consigliere di stato Plrt

30 marzo 2020
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Caro Gabriele, un tuo articolo su laRegione ha aperto un interessante prospettiva di riflessione sul tema della sussidiarietà in epoca di crisi e sul ruolo dello Sato. Vorrei mettere a fuoco la questione, cercando di fugare un tuo timore a mio parere del tutto ingiustificato. Il tuo articolo ha proposto una lettura politico-istituzionale del momento drammatico che la nostra comunità cantonale sta attraversando a causa dell’epidemia di Covid 19. Celebrando la bella prestazione dell’autorità politica cantonale che si sta mostrando all’altezza del suo ruolo, con collegiale unità e senso del bene comune, hai riaperto un dibattito appena risoltosi in votazione popolare a favore del principio di sussidiarietà, dal 9 febbraio entrato anche nella Costituzione cantonale ma genetico di uno Stato federalista come il nostro, quantunque a volte adombrato da tentazioni centraliste e stataliste. Infatti titoli interrogativamente il tuo articolo “Stato sussidiario?” e tessi l’elogio di uno “Stato forte e laico”. Chiedo venia e pazienza a chi legge, ma per capirsi e dialogare occorre mettere a punto i concetti. Lo faccio nel modo più sintetico possibile.

Stato sussidiario? Sì, caro Gabriele, perché il principio della sussidiarietà non è un cavallo di troia concepito da oscure forze confessionali per minare e delegittimare lo Stato. Lo Stato è uno strumento politico fondamentale ed è sussidiario sia al proprio interno, nell’articolazione dei suoi livelli (federale, cantonale e comunale), sia rispetto alla società, semplicemente perché là dove Comuni o Cantoni da una parte, e/o la società attraverso i suoi corpi intermedi (famiglie, associazioni, aziende, sindacati ecc.) dall’altra, sanno gestire da sé la risposta alle esigenze della comunità è bene che lo possano fare perché più vicini alle persone e in quanto tali molto più efficaci nel rispondere ai loro bisogni (oltre che notoriamente assai meno costosi).

Ma attenzione, qui sta il punto: sussidiarietà significa proprio che là dove la società, i suoi livelli intermedi sia sociali che istituzionali non sanno o non possono strutturalmente gestire la risposta a problemi di troppo vasta portata (far correre i treni in tutto il Paese, costruire autostrade, garantire un buon livello di sanità a tutti, coprire il bisogno educativo per tutti e sull’intero territorio…, per fare i primi esempi che mi vengono alla mente), è compito dello Stato, nel suo livello superiore, entrare in gioco e fare la sua parte.
Ora, caro Gabriele, ci troviamo al presente in una situazione di straordinaria emergenza, una pandemia pericolosissima, dove per definizione lo Stato deve scendere in campo e anche, se necessario, com’è avvenuto, avocare ai propri organi esecutivi poteri straordinari, che possono persino (senza scandalo) mettere tra parentesi i Parlamenti e possono, come abbiamo appena visto, creare controversie tra i suoi due livelli più alti, Cantoni e Confederazione. Un bel caso di sussidiarietà, quest’ultimo, dove giustamente un Cantone, il nostro, ritiene di interpretare meglio le necessità di una situazione d’emergenza sul proprio territorio rispetto all’autorità federale, e chiede di potersi riprendere, in un certo senso, una parte di quel potere decisionale “ceduto” consensualmente alla Confederazione.
La partita della sussidiarietà, insomma, non si gioca con quattro regolette da applicare scolasticamente, non basta sapere le mosse dei pezzi sulla scacchiera per essere all’altezza dell’altro formidabile giocatore, la realtà, che ha sempre la prima mossa ed è sempre imprevedibile. In queste settimane, sulla scacchiera c’erano proprio tutti i pezzi, com’è giusto che sia per le occasioni storiche. Sarebbe sensato se Cantone e Confederazione pretendessero di svolgere su tutto il loro territorio servizi importantissimi di prossimità alle persone isolate e disorientate? No. Infatti lo stanno facendo, alla grande, i Comuni insieme, si noti bene, a una miriade di associazioni, ossia di corpi intermedi della società (dagli scout alle parrocchie, alle associazioni della terza età, come ATTE o Pro Senectute, ecc.). Questa non è forse sussidiarietà?

C’è un altro esempio di sussidiarietà, che sottopongo a Gendotti, e concludo. Da subito, in questa drammatica corsa per contenere i danni del virus, il Ticino ha registrato la discesa in campo, assolutamente decisiva, di un clinica privata, per giunta di matrice cattolica, la Clinica di Moncucco. Più di recente, anche il Cardiocentro ha offerto il suo aiuto, come pure la clinica Santa Chiara di Locarno, quella di Castelrotto, eccetera.
Sono tanti in questi giorni gli esempi di cordiale collaborazione tra privato e pubblico, dove lo Stato -forte e laico per carità: chi lo vuole debole e confessionale alzi la mano- può capire che la sussidiarietà è il motore di una società viva, anche se purtroppo essa ha dovuto ammalarsi perché questo dato balzasse vistosamente agli occhi di tutti.

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