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Quei simbolismi opinabili presenti a Chiasso

Alludendo ai simbolismi molto discutibili presenti a Chiasso, mi riferisco alla statua posata a fine epoca pandemica, che si trova al centro di una rotatoria, in una posizione di transito tra Svizzera e Italia. In quel punto, quale emblema di Chiasso città di confine, avremmo potuto avere un bellissimo arco con due leoni a guardia della porta d’ingresso. Invece abbiamo una statua che vorrebbe simboleggiare il “ritorno alla natura”. Questo è il nome della scultura… Un progetto semplice che sensibilizza alla cura e alla tutela dell’ambiente, si legge. Peccato che sia fatta di fibra di vetro, che dalla produzione allo smaltimento ha poco di ecologico. Strano che a ricucire la “ferita pandemica” sia un bambino che sembra fatto di porcellana, mascherato, e con il numero 20 sulla schiena. Questo bambino, fragile secondo gli autori, impara a ricucire la natura con delle funi, come quando gli viene insegnato ad allacciarsi le scarpe. La natura è raffigurata con un perfetto prato all’inglese, simbolo di come l’uomo moderno la intende oggi, cioè a suo proprio uso e consumo e totalmente modificata.
Gli Autori si sarebbero ispirati alla Pop Art: sul loro sito si legge il motto “Scoprire, Godere e Comprare” e questa la dice lunga sui valori nei quali credono e sul tipo di società che vogliono raffigurare con i loro capolavori!
La natura ha la sua forza Divina nella sua forma selvaggia che irrompe da sola dalle ferite dell’asfalto. Noi vorremmo piuttosto un’opera ispirata all’etica, ai principi morali ed estetici di questa città di frontiera, che negli anni è stata stravolta dai suoi valori di riferimento dando priorità agli aspetti economici a scapito della bellezza e del buon gusto.
Al centro della rotatoria in questione si erge pure un palo di ferro con 4 telecamere a simboleggiare che tutto è controllato e, beninteso, a tutela della stessa opera d’arte da eventuali atti di vandalismo.
In un’unica posizione sono riusciti a simboleggiare: la falsa protezione della salute tramite dispositivi medici, la falsa ecologia, la falsa sicurezza e la falsa tutela della fanciullezza. Quest’ultima perché tutti questi simbolismi sono rivolti in modo particolare ai bambini, come il ragazzino della statua, ancora facilmente indottrinabili e resi ancor più fragili proprio dal periodo Covid. Bambini ai quali si può far credere che sono portatori sani di virus malefici e che se indossano una mascherina chirurgica possono salvare la vita ai loro nonni. Bambini ai quali far credere che mantenere le distanze dai loro amici e familiari impedisce a tutti di ammalarsi. Bambini che capiscono dai simbolismi di questa statua che la natura è un campo di calcio e che, quando si ferisce, la si può ricucire con delle funi, un po’ come quando ci si allaccia le scarpe con le stringhe, e torna come nuova. Ma qui di nuovo c’è soltanto un’ennesima manipolazione delle menti e un’opera di cattivo gusto, che possiamo soltanto augurarci che venga rimossa il più presto possibile.

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