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Vivere per lavorare o lavorare per vivere?

Stesso stipendio, ma meno ore di lavoro e più tempo da dedicare ai propri hobby, alla propria famiglia, al riposo. La settimana lavorativa corta attira sempre più aziende in diverse parti del mondo: in Regno Unito, in Islanda e in Giappone, ad esempio, progetti pilota per una settimana lavorativa di 4 giorni – o in alcuni casi di 5 giorni ma con orario ridotto – hanno portato diverse piccole e grandi aziende ad adottare in forma definitiva questo concetto. Anche la città di Zurigo ha deciso di provarci: è stato deciso pochi giorni fa di avviare un periodo di prova di 35 ore settimanali per il personale dell’amministrazione comunale.
La produttività infatti non è una semplice funzione del numero di ore di lavoro effettuate: lo stato di salute psicofisico delle lavoratrici e dei lavoratori è una questione centrale, che spesso viene dimenticata. Il tempo libero permette di rigenerare corpo e mente, il che si riflette in seguito sulla qualità del lavoro svolto: aumentano efficacia e creatività, diminuiscono i casi di stress e burnout.
Oltre ad apportare i benefici sopracitati, questo modello lavorativo è anche un’opportunità per favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia permettendo alle persone non solo di passare più tempo con i propri figli, ma anche di spartire più facilmente ed equamente le ore di lavoro di cura non retribuito. Un passo avanti quindi anche per la parità di genere.
Da tenere in conto non è unicamente l’aspetto sociale ma anche quello ambientale: un giorno lavorativo in meno si traduce in una diminuzione del pendolarismo e del consumo energetico per gli edifici aziendali, il che permetterebbe di ridurre la nostra impronta ecologica. Un bene per noi e per il nostro pianeta!

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