Il Belgio resta in silenzio mentre si studiano formule di mutualizzazione dei rischi; l'ipotesi MES appare esclusa in vista del vertice Ue del 18 dicembre
Il blitz della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e del cancelliere tedesco Friedrich Merz a Bruxelles sugli asset sovrani russi congelati ha lasciato un solo protagonista in silenzio: il premier belga Bart De Wever.
Quest'ultimo non ha proferito parola per l'intera giornata - e altrettanto ha fatto il suo governo - mentre, a detta della coppia tedesca, le trattative avanzano in modo "costruttivo", senza escludere alcuna opzione in vista del vertice UE del 18 dicembre.
Un appuntamento che, nelle previsioni di diversi diplomatici, si annuncia come una maratona per sciogliere l'impasse sui 210 miliardi di euro destinati a finanziare un maxi-prestito all'Ucraina. La chiave risiede nel trovare una formula di mutualizzazione dei rischi capace di rassicurare il Belgio, che attraverso Euroclear custodisce in pancia ben 180 miliardi di quei beni immobilizzati.
La partita non è soltanto tecnica: qualsiasi decisione è destinata a spingere il quadro giuridico comunitario ai suoi limiti e a mettere a dura prova la compattezza dei Ventisette.
Le strade possibili restano diverse. Oltre al prestito di riparazione garantito dagli asset - ma senza intaccarne la proprietà - con cui l'UE si finanzierebbe sui mercati per erogare fondi a Kiev a tasso zero, le alternative continuano a rincorrersi. L'emissione di debito comune europeo per 50-90 miliardi, sul modello Recovery, resta sul tavolo ma si scontra con il veto ferreo di Budapest e le resistenze di tanti altri, a partire da Slovacchia e Austria.
Da qui l'idea, ventilata sottotraccia, di ricorrere al Meccanismo europeo di stabilità (MES): ipotesi subito gelata dal fondo stesso: "il trattato ci consente di intervenire soltanto a favore dei paesi dell'Eurozona e per tutelarne la stabilità finanziaria", ha ricordato una portavoce. E negli ambienti interni del fondo salva-Stati si è ancora più netti: aprire il MES a paesi terzi richiederebbe una riforma che, dopo le difficoltà dell'ultima revisione, appare in salita.
Da qui anche l'idea di uno strumento ad hoc, con caratteristiche analoghe al Meccanismo: un veicolo capace di distribuire tra i paesi i rischi finanziari e legali, dalle possibili controversie internazionali alle oscillazioni dei rendimenti. In sostanza, un ombrello comune che eviterebbe a singoli di ritrovarsi esposti, da soli, alle ritorsioni di Mosca o alle incertezze normative.
Von der Leyen e Merz hanno tentato di rassicurare De Wever puntando sulla condivisione del rischio: "il Belgio non può essere lasciato solo", ha ribadito Berlino ipotizzando un contributo proporzionale. Ma per ora nessuno si sbilancia: pesano i timori legali, le pressioni di Washington a non imboccare la via degli asset e le minacce di Mosca. "Le discussioni sono in corso", si è limitata a sottolineare l'Alta rappresentante dell'UE per la politica estera Kaja Kallas dal Forum di Doha, osservando che tra "27 democrazie ci vuole tempo per arrivare ai risultati".
Un tempo che però per Kiev stringe.