Estero

USA: raid su narcos, Hegseth non ordinò uccisione sopravvissuti

4 dicembre 2025
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La posizione di Pete Hegseth è sempre più in bilico. Anche se l'ammiraglio Frank Bradley, colui che secondo il segretario della difesa americano avrebbe ordinato il secondo attacco mortale contro una "nave della droga" nei Caraibi lo scorso 2 settembre, lo ha scagionato.

Dopo oltre due ore di audizione davanti alle Commissioni difesa e intelligence di Camera e Senato, l'alto comandante della Marina americana ha infatti rivelato che il capo del Pentagono non diede l'ordine di "uccidere tutti i sopravvissuti" e di affondare l'imbarcazione colpita.

Non solo: secondo quanto riferito dal democratico Jim Himes, presente al briefing, Bradley ha rivendicato il secondo raid difendendo la sua decisione. Le due persone che si erano salvate dal primo attacco "erano obiettivi legittimi", ha detto l'ammiraglio ai parlamentari, perché avrebbero "potuto continuare a trasportare la droga".

Una dichiarazione che, però, per il democratico non sta in piedi. "Qualsiasi americano che guardi il video che ho visto io vedrà l'esercito degli Stati Uniti attaccare dei marinai naufraghi: cattivi, sì ma sempre naufraghi", ha detto Himes, definendo il filmato "una delle cose più preoccupanti che abbia mai visto da quando sono al Congresso".

Intanto un altro democratico, il senatore Mark Warner, ha chiesto che Hegseth si dimetta o venga licenziato per le conclusioni contenute in un rapporto del Dipartimento della difesa sulle chat di Signal, pubblicato in queste ore. L'ispettore generale del Pentagono ha infatti stabilito che, condividendo sull'app di messaggistica i piani militari per gli attacchi americani in Yemen, Hegseth avrebbe potuto "mettere in pericolo i soldati e la missione americana".

Tuttavia, ha stabilito ancora il rapporto, le sue azioni non hanno violato le norme governative sulle informazioni classificate. Ma per l'opposizione questa è una pura tecnicalità che non giustifica il comportamento "inadeguato" del segretario.

E ormai non sono solo i democratici ad essere infastiditi. Se pure il presidente Donald Trump continua a difenderlo pubblicamente, tra i repubblicani cresce la frustrazione e molti di loro stanno perdendo la fiducia nelle sua capacità. Il leader della maggioranza al Senato, John Thune, ha condannato il caso Signal come un "errore" e non ha difeso Hegseth neppure sulla vicenda degli attacchi alle imbarcazioni nei Caraibi. Tuttavia ha rimandato a Trump la decisione se tenerlo o meno al suo posto. "Il capo del Pentagono è al servizio del presidente", ha affermato.

I guai per il segretario non finiscono qui. Il "New York Times" ha infatti intentato una causa al Pentagono per le nuove restrizioni imposte all'accesso della stampa. La denuncia, presentata presso la corte federale di Washington, nomina come imputati il Dipartimento della difesa, Hegseth e il portavoce del Pentagono Sean Parnell, e chiede l'abrogazione delle nuove regole che hanno spinto i giornalisti a consegnare i loro tesserini stampa anziché sottoscriverle.

"Questa politica - ha affermato il portavoce del giornale Charlie Stadtlander - è un tentativo di esercitare un controllo su ciò che non piace al governo, violando il diritto della stampa libera di cercare informazioni, garantito dal primo e quinto emendamento della Costituzione".