La bassa affluenza alle elezioni di medio termine tiene in suspence il presidente argentino Javier Milei, intenzionato a piazzare le bandierine viola della sua formazione, La Libertad Avanza (LLA), in metà dei seggi alla Camera e in un terzo del Senato per imprimere un'accelerazione ai suoi programmi economici, sostenuti dagli Stati Uniti di Donald Trump.
Gli ultimi sondaggi hanno pronosticato un testa a testa tra LLA, al 36%, e la coalizione peronista di sinistra Fuerza Patria (FP), al 34%.
Di fronte a forti pressioni svalutative, a una crisi delle riserve e al rallentamento dell'attività economica, il Tesoro statunitense si è impegnato a sostenere il peso argentino mettendo sul piatto un pacchetto di aiuti da 40 miliardi di dollari, a supporto della tenuta dell'esecutivo per i prossimi due anni di mandato. Una partita importante per i repubblicani quella dell'Argentina, anche alla luce di un rinnovato interesse per l'influenza politica in tutta l'America Latina.
Ma la stella di Milei sembra essersi un po' offuscata e la sua ricetta vacilla. Dopo la sorprendente vittoria alle presidenziali del 2023 con il 56% delle preferenze, l'ultraliberista è arrivato alla prova delle urne con un livello di consensi sceso ai minimi - al 38% - segno che la sua ricetta di lacrime e sangue ha cominciato a stancare, nonostante il successo nel contenimento dell'inflazione, passata dal 200 al 31%, e dell'equilibrio fiscale. Un risultato ottenuto anche con tagli alla spesa di settori sensibili come l'educazione e la sanità.
A contribuire al calo di popolarità anche alcuni scandali che ne hanno colpito l'immagine. Il presidente che aveva promesso di lottare contro la casta politica corrotta risulta appesantito dal caso del meme-coin "Libra" - una cripto-moneta che Milei aveva promosso sulle reti sociali poi tracollata in borsa rovinando centinaia di investitori.
A questo si aggiungono i casi che hanno coinvolto la sorella Karina - in odore di mazzette per l'acquisto di una commessa di medicinali - e l'inchiesta sul candidato di punta di LLA nella provincia di Buenos Aires, Luis Espert, costretto a ritirarsi dalla corsa per aver ottenuto finanziamenti da un narcotrafficante processato negli USA.
In chiusura della campagna elettorale il presidente ha accusato il peronismo di sinistra di voler destituire il governo e ha agitato il fantasma di un ritorno del "comunismo castro-chavista" nel paese. Ma nell'ultimo comizio tenuto giovedì nella città di Rosario, Milei già non brandiva più l'iconica motosega. Ha chiamato gli elettori a "non arrendersi" e a "cambiare l'Argentina sul serio", promettendo per la seconda parte del mandato "le riforme di cui il paese ha bisogno".
Il principale partito all'opposizione, FP, ha scommesso invece più sulla stanchezza dell'elettorato che su proposte proprie. Assente la leader storica del movimento Cristina Kirchner - costretta agli arresti domiciliari da una condanna a sei anni per corruzione - i progressisti, che appaiono ancora alla ricerca di una guida carismatica, si sono aggrappati alla figura del governatore della provincia di Buenos Aires Axel Kicillof, sperando in un bis del risultato di settembre, quando i progressisti avevano confermato il dominio sul loro bastione, la provincia di Buenos Aires.
In assenza di un conteggio a livello nazionale gli analisti prevedono che una volta chiuse le urne si aprirà tra i diversi contendenti la battaglia per imporre un'interpretazione favorevole del voto. Ma nel caso di un risultato incerto, senza un chiaro predominio, saranno probabilmente i mercati, a partire da domani, a stabilire il vincitore, e lo stesso Trump sarà chiamato in quel caso a decidere sul destino dell'Argentina.