Estero

Raid israeliano provoca l’ennesima strage in una scuola di Gaza che ospitava sfollati

Numerosi bambini fra le 33 vittime. Altre 19 persone uccise nel bombardamento di una casa nel nord della Striscia

Sopravvissuta
(Keystone)

Almeno 52 persone sono morte negli attacchi israeliani a Gaza lunedì, tra cui 33 in una scuola che ospitava sfollati, hanno detto i servizi di emergenza, in mezzo agli appelli internazionali affinché Israele fermi la sua offensiva nel territorio palestinese dove la popolazione è ridotta alla fame.

Nel pieno della campagna militare israeliana, una fonte di Hamas ha dichiarato che il movimento ha accettato una nuova proposta dell’inviato statunitense Steve Witkoff. Quest’ultimo però ha smentito, limitandosi ad affermare che “c’è un accordo sul tavolo e Hamas dovrebbe accettarlo”. Dal canto suo, in un video pubblicato sui social, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: “Spero che sia possibile fare un annuncio sugli ostaggi oggi o domani”.

Il 17 maggio Israele ha intensificato l’offensiva a Gaza, con l’obiettivo dichiarato di liberare gli ultimi ostaggi, prendere il controllo di tutta Gaza e spazzare via Hamas, il cui attacco senza precedenti in territorio israeliano del 7 ottobre 2023 ha scatenato l’offensiva militare di Tel Aviv. Negli ultimi giorni, la Difesa civile di Gaza ha riferito di decine di morti, tra cui bambini.

“È indescrivibile: paura, orrore, confusione, bambini che urlano, odore di carne bruciata, odore di oggetti carbonizzati, odore di zolfo e sangue dappertutto”, racconta Farah Nasser, che è stata svegliata dal bombardamento della scuola. Secondo la Difesa civile, 33 palestinesi, perlopiù bambini, sono stati uccisi nel “massacro” della scuola Fahmi Al-Jarjaoui a Gaza City (nord). L’esercito israeliano ha dichiarato di aver preso di mira “terroristi di primo piano in un centro di comando e controllo”. Altrove, nel nord della Striscia, 19 persone sono state uccise nel bombardamento di una casa a Jabalia.

L’escalation israeliana e le sofferenze dei civili, alle prese con la carenza di cibo, acqua e medicine, stanno alimentando la crescente indignazione internazionale. Criticando le azioni di Israele con rara fermezza, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha minacciato di non continuare a sostenere il governo di Netanyahu, suo alleato. “Francamente non capisco cosa stia facendo l’esercito israeliano a Gaza (...) Non lo si può più giustificare con la lotta al terrorismo di Hamas”. Ma la Germania continuerà a vendere armi a Israele, ha assicurato lunedì il suo ministro degli Esteri Johann Wadephul. La Spagna invece ha chiesto ai suoi partner dell’Ue di imporre un embargo sulla vendita di armi a Israele.

Il caso/1

Si dimette il Ceo
della controversa fondazione

Il direttore della nuova fondazione umanitaria sostenuta da Israele e dagli Stati Uniti per distribuire aiuti nella Striscia di Gaza ha annunciato di essersi dimesso “con effetto immediato”. Registrata a Ginevra il 12 febbraio, la Gaza Humanitarian Foundation (Ghf) non ha più un indirizzo e “non adempie a diversi obblighi legali”, fa sapere da Berna il Dipartimento federale dell’interno (Dfi).

Jake Wood, direttore esecutivo della Ghf, ha detto domenica di ritenere che non sia possibile attuare il piano dell'organizzazione “rispettando rigorosamente i principi umanitari di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza”. “Due mesi fa sono stato contattato per dirigere la Ghf grazie alla mia esperienza nel settore umanitario”, ha dichiarato l’ex marine statunitense in un comunicato stampa. “Come molti altri nel mondo, sono rimasto inorridito e sconvolto dalla crisi della fame a Gaza”, ha aggiunto, dicendo di essersi sentito “obbligato” ad aiutare.

La Ghf ha annunciato il 14 maggio che prevede di distribuire circa 300 milioni di pasti per un periodo iniziale di 90 giorni. Il primo dei quattro punti di distribuzione previsti nella Striscia è stato aperto lunedì, hanno confermato funzionari israeliani all’emittente pubblica Kan. L’Onu e le Ong hanno ripetutamente dichiarato che non parteciperanno alla distribuzione degli aiuti da parte di questa fondazione, accusata di collaborare con Israele. Hamas ha invitato i residenti a non collaborare con il nuovo meccanismo, minacciando: “Chi collabora pagherà, saranno adottate le misure necessarie”.

Il portavoce dell’Unicef, James Elder, ha chiarito che l’ubicazione dei punti di distribuzione avrebbe “consolidato ulteriormente gli sfollamenti forzati per scopi politici e militari e gli aiuti umanitari non dovrebbero mai essere usati come merce di scambio”. L'altro nodo, oltre alla scarsa trasparenza sui fondi della fondazione e sulle regole d’ingaggio dei contractor che sorveglierebbero le aree in questione, sarebbe la possibilità, annunciata da Israele a inizio maggio, di fare controlli biometrici, come il riconoscimento facciale, per identificare i palestinesi all’ingresso dei punti di distribuzione degli aiuti.

Trial International, organizzazione con sede a Ginevra che si batte contro l’impunità, ha intanto presentato una denuncia all’Autorità federale di vigilanza sulle fondazioni (Avf) e al Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae). Obiettivo: fare piena luce su questa Ong. Si tratta di stabilire se la Ghf stia rispettando la legge, in particolare per quanto riguarda il previsto utilizzo di società private di sicurezza per il trasporto degli aiuti. A preoccupare sono in particolare i legami della fondazione con gli Stati Uniti, dove ha sede, e con Israele.

Secondo l’Avf, che fa capo al Dfi, la fondazione “non adempie attualmente a diversi obblighi legali”. Ad esempio, non ha membri del Consiglio di fondazione autorizzati a firmare e residenti in Svizzera. L’Avf parte dunque dal principio che la Ghf – a cui viene chiesto di “chiarire la situazione” – “non abbia ancora iniziato le sue attività e sia quindi inattiva”. Più di venti Paesi si sono opposti al nuovo ‘modello’ israeliano per la fornitura di aiuti in territorio palestinese. La Svizzera non è tra questi.

Il caso/2

Portava aiuti, uccisa
la bimba influencer

A 11 anni era la più giovane attivista della Striscia di Gaza, nota sui social per la determinazione con cui sorrideva e aiutava nonostante la guerra. Yaqeen Hammad è morta venerdì in un raid dell’esercito israeliano a Deir el Balah, nel centro di Gaza, allungando la lunga lista dei bambini palestinesi uccisi negli ultimi violenti attacchi. Yaqeen accompagnava spesso il fratello maggiore, Mohamed Hammad, operatore umanitario, nelle missioni umanitarie: insieme consegnavano cibo, vestiti e giocattoli alle famiglie sfollate, riporta il ‘Palestine Chronicle’. Il suo sorriso raggiungeva decine di migliaia di persone in tutta la Striscia grazie ai video che postava su Instagram e nei quali la si vedeva distribuire aiuti o dare piccoli consigli di vita quotidiana sotto le bombe. Quegli stessi utenti la ricordano e la piangono sui social: “Non ci sono più parole”.