Maduro promette la ripresa dell'Essequibo mentre l'opposizione denuncia arresti e irregolarità
È un voto blindato, segnato da nuovi arresti politici, e dall'assenza dei principali partiti di opposizione quello di domenica in Venezuela, quando oltre 21 milioni di elettori sono chiamati a scegliere 285 parlamentari, 24 governatori e 260 consiglieri regionali.
"Un'elezione farsa" l'ha definita la leader anti-chavista, María Corina Machado, che nel chiedere ai supporter di "restare a casa, e svuotare le strade", è tornata a denunciare i brogli nelle presidenziali del luglio 2024, quando Maduro venne proclamato vincitore senza tuttavia essere in grado di esibire i verbali a riprova della conferma del suo mandato.
D'altra parte, lo stesso presidente Nicolas Maduro, con un lapsus pronunciato durante la chiusura della sua campagna elettorale, ha già anticipato il risultato.
"Lo chavismo è una minoranza e vinceremo", ha detto nell'ultimo intervento al fianco della moglie, la deputata Cilia Flores, candidata per la rielezione. Secondo i sondaggisti come Delphos e Meganálisis, i militanti dello chavismo sono circa il 22% del corpo elettorale, e all'appuntamento con le urne è previsto un alto tasso di astensione.
Ed è probabilmente con l'obiettivo di convincere a recarsi ai seggi che Maduro negli ultimi giorni ha solleticato l'orgoglio nazionalista, promettendo che il Venezuela "si riprenderà l'Essequibo", grazie all'elezione di un governatore e un parlamentino per la regione ricca di petrolio, che fa parte del territorio del vicino Stato della Guyana, e che Caracas rivendica nell'ambito di una disputa secolare.
"La nostra volontà di recuperare i diritti storici sulla Guyana Essequiba è incrollabile", ha affermato il presidente, che lo scorso anno aveva anche promosso un'annessione unilaterale del territorio amministrato da Georgetown. E anche se in realtà le consultazioni si terranno alla frontiera, il Paese vicino oltre alle proteste, ha già rafforzato i suoi confini.
Intanto i controlli di polizia si sono fatti più serrati in tutto il Venezuela, dove sono state dispiegate 400mila unità delle forze di sicurezza, con 50 arresti nell'ambito della cosiddetta "Operazione Tun Tun", che prevede incursioni senza mandato d'arresto o formula processuale in residenze e alberghi per catturare sospettati di "terrorismo o di essere mercenari".
Tra i fermati ci sono oltre dieci stranieri. E nelle ultime ore organizzazioni non governative e partiti denunciano le "detenzioni arbitrarie" di un attivista dei diritti umani, un giornalista e due esponenti di Vente Venezuela, la formazione di Machado.
Diversamente dalla Piattaforma democratica unitaria (Pud; il raggruppamento che sostiene Machado), alcune formazioni politiche dell'opposizione - i cui leader più noti sono Henrique Capriles, Manuel Rosales, Stalin González e Juan Requesens - hanno comunque deciso di accettare la sfida, sebbene con un chiaro scetticismo sulla possibilità di un processo elettorale trasparente.