Vjosa Osmani Sadriu incontra il Consiglio federale a Berna, con focus su diaspora, cooperazione e sviluppo sostenibile
La presidente del Kosovo Vjosa Osmani Sadriu è stata ricevuta oggi dal Consiglio federale a Berna per una visita di Stato di due giorni. Si tratta del primo viaggio ufficiale di un capo di Stato kosovaro in Svizzera. Le relazioni tra i due Paesi sono però molteplici.
Oltre 160'000 persone costituiscono la diaspora kosovara in Svizzera, ha affermato la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter in una conferenza stampa a Berna. Fanno parte della società elvetica e sono il legame tra i due Paesi, le ha fatto eco Sadriu.
Keller-Sutter ha sottolineato l'importanza di questo viaggio ufficiale in considerazione della grande diaspora di questo Paese. Dal canto suo, Sadriu ha rilevato come questa visita ufficiale non abbia solo un significato storico, ma è anche la prova che il sostegno tra Berna e Pristina è necessario in questi tempi difficili. Ha ringraziato la Svizzera per il suo contributo allo sviluppo sostenibile e sicuro del Kosovo.
Durante la discussione sono stati affrontati tre temi: le relazioni bilaterali, la situazione nei Balcani e quella internazionale, ha aggiunto Keller-Sutter.
In serata, si tiene un banchetto ufficiale al Bernerhof, sede del Dipartimento delle finanze diretto da Keller-Sutter. È stata invitata anche la stella del calcio svizzero Xherdan Shaqiri, uno dei più celebri giocatori del FC Basilea con radici in Kosovo.
Domani Sadriu proseguirà invece il suo viaggio con una visita al produttore di treni Stadler Rail a Busnang (TG). Si recherà poi a San Gallo dove con la direzione dell'Università discuterà della ricerca di talenti, della carenza di manodopera qualificata, della concorrenza e dell'innovazione.
Dagli anni 1960, lavoratori dell'ex provincia jugoslava del Kosovo sono emigrati in Svizzera, ricorda la Confederazione. Dal 1981, stando al Dizionario storico della Svizzera (DSS), il movimento politico kosovaro si costituisce in gran parte nella Confederazione. Membri importanti dell'esercito di liberazione UCK hanno soggiornato in Svizzera fino al 2001.
Nel corso della guerra alla fine degli anni 1990, il numero di immigrati kosovari è cresciuto nettamente: all'inizio del XXI secolo, circa 200'000 albanesi del Kosovo vivevano in Svizzera, un numero che all'epoca corrispondeva a circa un decimo della popolazione kosovara totale.
La Confederazione ha inoltre fornito al Kosovo aiuto umanitario durante il conflitto dal 1998 al 1999 e ha portato avanti programmi di ritorno e reintegrazione dei rifugiati e degli sfollati, ha indicato il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) riferendosi alle relazioni bilaterali con il Paese.
Più tardi, hanno seguito programmi di ricostruzione e sviluppo. Nel 2005, il Consiglio federale si è pronunciato in favore di un'indipendenza formale del Kosovo.
Nel quadro di un viaggio nel territorio amministrato dall'ONU, l'allora ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey si era detta convinta che un ritorno del Kosovo sotto controllo serbo non era né auspicabile né realistico.
Circa tre anni dopo, il 17 febbraio 2008, il Kosovo ha dichiarato la propria indipendenza dalla Serbia e diverse migliaia di persone si sono riunite a Berna e Zurigo per festeggiare l'avvenimento.
Il giorno dopo, Regno Unito, Francia e - fra gli altri - Stati Uniti sono stati i primi a riconoscere l'indipendenza del piccolo Stato. La Svizzera seguirà il 27 febbraio.
Secondo dati messi a disposizione della Confederazione, la diaspora del Kosovo conta oggi circa 160'000 persone e diversi kosovari si fanno naturalizzare: solamente nel 2024, 2'255 sono divenuti cittadini svizzeri, secondo la Segreteria di Stato della migrazione (SEM).
Dall'ottobre 1999, l'esercito svizzero partecipa con Swisscoy (Swiss Company), alla missione multinazionale di promozione della pace (Kosovo Force, KFOR) della NATO in Kosovo. Swisscoy, con 215 militari, costituisce il più importante contributo operativo nel quadro del partenariato elvetico con l'Alleanza atlantica. La missione è al momento stata prolungata fino al 2026.
Berna sostiene Pristina in processi di riforme che mirano a portare il Paese a una maggiore integrazione regionale ed europea. La strategia di cooperazione 2022-2025 si concentra su ambiti di governance democratica, sicurezza, sviluppo economico sostenibile, cambiamento climatico e migrazione.