Putin detta i tempi mentre Trump e l'Europa mostrano approcci divergenti sulla crisi
Come spesso accade, si può scegliere tra il bicchiere mezzo pieno o quello mezzo vuoto. Bene che Russia ed Ucraina, in qualche modo, siano tornate ad incontrarsi. Male tutto il resto. Il futuro dei negoziati è avvolto nell'incertezza, non si parla più di cessate il fuoco in tempi brevi e sperare in una tregua in un futuro prossimo è ora davvero difficile.
Ma, soprattutto, c'è la netta sensazione, se non la certezza, che a dare le carte e a dettare i tempi di gioco sia stato ancora una volta Putin. Lo zar temporeggiatore va per la sua strada, concede frasi che sembrano un'apertura verso il dialogo, ma la sostanza rimane sempre la stessa come le inaccettabili (da Kiev) richieste russe. Trump non dà seguito alle minacce di qualche giorno fa di sanzioni americane - comprese quelle secondarie, molto temute da Mosca - e anzi riprende a dire di credere che Putin voglia davvero la pace. L'Europa assiste perplessa al girotondo di dichiarazioni e contatti ma tiene la barra dritta. Giù il cappello: la politica estera comune, tra tante difficoltà e posizioni diverse, forse comincia davvero a strutturarsi.
Questa è la sintesi degli ultimi giorni tra riunioni, telefonate e prese di contatto culminate nel colloquio tra il presidente americano e quello russo. Un colloquio di non facile lettura. I due protagonisti hanno detto di considerare la loro telefonata positiva e costruttiva, ma poi ognuno racconta una storia diversa. Se si leggono bene le dichiarazioni russe e americane, sorgono poi diversi dubbi. Quando Putin dice che la priorità russa è quella di "eliminare le cause profonde di questa crisi" riporta tutti alla casella di partenza come in un Gioco dell'Oca dove è lui a tirare i dadi.
Tradotto vuol dire che le richieste russe sono sempre quelle e non cambiano: riconoscimento della Crimea russa, possesso totale delle quattro province soltanto in parte conquistate dai russi, nessuna garanzia di sicurezza per Kiev. E quando Trump afferma che a un certo punto le condizioni per la tregua saranno negoziate dalla due parti evoca abbastanza chiaramente la possibilità che l'America possa fare un passo indietro.
Detto questo, va sottolineato che il punto centrale, in realtà, è un altro: Putin e Trump vanno a velocità diverse. E anche da questo punto di vista il tempo gioca a favore di Putin. Trump aveva detto che avrebbe risolto la situazione in 24 ore. Putin viene da tre anni di guerra e la sua delegazione ha ricordato, durante i colloqui di Istanbul, la "Grande guerra del Nord" combattuta tra Russia e Svezia all'inizio del 1700 per il controllo del mar Baltico. Durò 21 anni. Come a dire: noi non abbiamo fretta, la pace ci sarà quando le condizioni saranno quelle giuste per noi.
In questa situazione, l'Europa dimostra finalmente, nonostante le tante diverse opinioni e i contrasti tra i 27, di avere una forte capacità di resilienza e di poter continuare a "tenere" la sua posizione al fianco di Kiev. Adesso Trump dice che le sanzioni contro Mosca non sono una buona soluzione, mentre aveva detto esattamente il contrario pochi giorni fa. Ebbene, l'Europa vara un nuovo pacchetto di misure, il diciassettesimo, contro Mosca. E Londra si allinea, con nuove sanzioni britanniche e con un coordinamento con l'Unione europea, che conferma il riavvicinamento fra Londra e Bruxelles.
Da questo punto di vista, il bicchiere è mezzo pieno.