Estero

La Corte di Cassazione italiana ripristina la dicitura genitori sulla carta d'identità

La decisione annulla il decreto Salvini del 2019, tutelando le famiglie con genitori dello stesso sesso

9 aprile 2025
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La designazione "genitori" torna nuovamente a scalzare la dicitura "padre e madre" dalla carta di identità italiana, almeno nel caso in cui una famiglia è costituita di due genitori dello stesso sesso che hanno fatto ricorso all'adozione.

A stabilire giuridicamente l'ennesima inversione di rotta è la Corte suprema di cassazione, l'ultima istanza della vicina Repubblica, che ha respinto il ricorso del ministero dell'interno contro la decisione della Corte di appello di Roma, in merito alle richieste mosse da una coppia di donne, di disapplicare il decreto con il quale il ministero aveva reintrodotto (all'epoca, nel 2019, il ministro era Matteo Salvini, della Lega) l'indicazione "madre e padre", già abolita nel 2015 in favore di quella appunto più generica.

Per i giudici della Corte suprema di cassazione - si legge nella sentenza - il ritorno di quella nomenclatura sulla carta d'identità elettronica ha un "carattere discriminatorio" e "difetta di un reale contenuto esplicativo", senza rappresentare coppie dello stesso sesso che in specifici casi hanno fatto ricorso all'adozione: ovvero è una dicitura che non rispecchia la realtà delle famiglie con genitori dello stesso sesso. Da questo punto di vista, osserva infatti il tribunale supremo italiano, "le diciture previste dai modelli ministeriali ed imposte dal decreto non erano rappresentative di tutte le legittime conformazioni dei nuclei familiari e pregiudicavano il diritto del minore di ottenere una carta d'identità rappresentativa della sua peculiare situazione familiare".

Ricordando le norme, la Corte suprema di cassazione sottolinea inoltre che "la carta di identità valida per l'espatrio rilasciata ai minori di età inferiore agli anni quattordici può riportare, a richiesta, il nome dei genitori o di chi ne fa le veci. L'uso della carta d'identità ai fini dell'espatrio dei minori di anni quattordici è subordinato alla condizione che essi viaggino in compagnia di uno dei genitori o di chi ne fa le veci".

È una pronuncia che provoca inevitabili reazioni politiche e per la quale esultano le associazioni che si battono per i diritti degli omosessuali e l'opposizione. Per il responsabile del settore diritti del Partito democratico (Pd, di centro-sinistra) ed europarlamentare, Alessandro Zan, si tratta di una "sentenza storica, che mette un punto fermo: la tutela dei diritti di tutti i figli è prioritaria. Negare a una bambina o a un bambino un documento d'identità che rappresenti 'le legittime conformazioni dei nuclei familiari' è una violazione grave e discriminatoria. Si infrange così contro la realtà, la crociata ideologica portata avanti dalla destra nei confronti delle famiglie arcobaleno, con l'imposizione della dicitura di Matteo Salvini e con i vari ricorsi dell'attuale ministro dell'interno (Matteo) Piantedosi (indipendente di destra). Una retorica ipocrita, cavalcata anche da Giorgia Meloni (la premier italiana, del partito di destra radicale Fratelli d'Italia), che ha usato i diritti di tante bambine e tanti bambini per pura speculazione politica".

Parlano di "vittoria" le associazioni di tutela dei diritti delle persone LGBT Arcigay, Famiglie Arcobaleno e Rete Lenford, che hanno fornito supporto legale alle due madri coinvolte nella vicenda legale : "In un momento in cui chi governa ostacola la vita e la felicità delle famiglie che non rientrano in canoni ideologici - commentano - la Cassazione ribadisce ancora una volta un punto fondamentale: il vero interesse dei minori è che la loro realtà familiare venga riconosciuta per ciò che è. Il vero danno sarebbe ignorarla o negarla. Dopo queste sentenze l'unica soluzione auspicabile è l'annullamento del decreto Salvini".