medio oriente

Centinaia di raid di Israele: ‘Smilitarizzata la Siria’

Distrutti jet, flotta e armi. Erdogan: ‘Un’aggressione’. Emergono torture e uccisioni sommarie

Ribelli in festa per le strade di Hama
(Keystone)
10 dicembre 2024
|

Israele teme che la Siria si trasformi in un'ennesima minaccia e ha giocato d'anticipo. Con una maxi operazione aerea, denominata Fionda di Bashan, ha distrutto "l'80% delle capacità militari siriane", navi, aerei e missili. Con l'obiettivo, ha rivendicato il premier Benyamin Netanyahu, che "non finiscano nelle mani dei jihadisti", saliti al potere a Damasco dopo la fuga di Bashar al Assad. E con l'intenzione di creare una zona cuscinetto demilitarizzata, oltre la Linea Alpha di confine, ma "senza una presenza israeliana permanente", ha assicurato il ministro degli Esteri Israel Katz.

Un'operazione che al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha sostenuto l'avanzata dei ribelli dell'Hts fino a Damasco, appare una vera e propria "aggressione" più che una manovra difensiva, che mette a rischio la stabilità della Siria. Posizione espressa sia al segretario generale della Nato, Mark Rutte, che in una telefonata con la premier italiana Giorgia Meloni, alla quale Erdogan ha ribadito come sia "imperativo che la Siria venga liberata dal terrorismo".

La diplomazia

Gli Stati Uniti - ha fatto sapere il segretario di Stato uscente Antony Blinken - esigono un processo di transizione "inclusivo e trasparente", che dia assistenza umanitaria ai civili, distrugga le armi chimiche, e impedisca alla Siria di tornare a essere "una base del terrorismo" o "una minaccia per i suoi vicini". "Se il nuovo regime in Siria permetterà all'Iran di tornare a stabilirsi o permetterà il trasferimento di armi a Hezbollah, risponderemo con forza e gli faremo pagare un prezzo pesante", ha avvertito dal canto suo Netanyahu. "Siamo intenzionati a fare tutto il necessario per garantire la nostra sicurezza", ha ribadito, spiegando di aver "autorizzato l'aviazione a bombardare capacità militari strategiche lasciate dall'esercito siriano". Una potenza di fuoco che da sabato ha schierato 350 caccia che hanno colpito "in tutta la Siria e distrutto 320 obiettivi strategici": aerei, missili, navi militari, carri armati e siti di produzione di armamenti a Damasco, Homs, Tartus, Latakia e Palmira, ha confermato l'Idf. La Marina israeliana avrebbe inoltre distrutto gran parte della flotta militare che è stata di Assad, mentre secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani un numero imprecisato di soldati lealisti sarebbero morti nei raid aerei sulle basi militari in cui si erano rifugiati in attesa di poter fuggire.


Keystone
Carri armati israeliani si muovono al confine

Secondo Netanyahu, l'operazione Fionda di Bashan (dal nome biblico della regione sudoccidentale della Siria) "è simile a ciò che fece la Royal Air Force britannica quando bombardò la Marina del regime di Vichy che collaborava con i nazisti, per impedire che finisse proprio nelle mani dei nazisti". Stando però a un video verificato da fonti sul terreno, a Latakia, lasciata in fretta e furia dalle forze russe, sono già rispuntate le bandiere nere dell'Isis, mentre altri filmati provenienti da diverse città mostrano esecuzioni sommarie di esponenti dell'ex regime. Non è chiaro quanto il nuovo governo di Damasco - che tenta di accreditarsi come tollerante e affidabile - riesca a controllare il Paese e le varie milizie che hanno contribuito alla caduta di Assad. Muhammad al Bashir, fedelissimo di Abu Mohammed al Jolani, è stato nominato formalmente nuovo premier di transizione "per gestire gli affari correnti" fino al primo marzo. La nuova leadership ha avuto anche una prima riunione con diversi ambasciatori, compreso - unico occidentale - l'italiano Stefano Ravagnan. Un incontro giudicato "positivo" dai nuovi signori di Damasco, e conclusosi con "la promessa" da parte dei diplomatici di "un coordinamento di alto livello".

Vendette incrociate

È arrivata anche l’ora della resa dei conti in Siria. Il regime di Assad si è dissolto ma la guerra civile continua più violenta che mai, con la furia che si è scatenata contro gli aguzzini del deposto rais. Li sono andati a prendere nelle loro case, tirati giù dai nascondigli improvvisati. Trascinati in strada, a Latakia, porto nord-occidentale siriano per decenni descritto come la roccaforte dei clan alawiti associati al potere degli Assad. Membri di quelle che fino a pochi giorni fa erano le temibili mukhabarat, i servizi di controllo e repressione governativi, sono stati giustiziati con colpi di pistola alla tempia o raffiche di mitra su tutto il corpo.


Keystone
Profughi siriani in attesa di rientrare dal confine turco

Sorte analoga ma più cruenta è toccata ad altri esponenti degli apparati di sicurezza del regime: uccisi e i loro cadaveri trascinati a lungo per le strade di Idlib, roccaforte dei jihadisti ora al governo a Damasco, mentre la folla inferocita li prendeva a calci. Sono state decine le esecuzioni sommarie condotte oggi in varie regioni della Siria, in particolare nelle zone di Idlib, Latakia, Hama, Homs e Damasco.

Cadaveri ovunque

Una violenza che viene da lontano e che sta riemergendo con tutti i suoi veleni in queste frenetiche ore di vendetta, seguite all'euforia della "liberazione" delle ultime 48 ore. Almeno 40 cadaveri accatastati con evidenti segni di tortura e con fresche tracce di sangue sono stati rinvenuti a Damasco nell'ospedale militare di Harasta. "Ho aperto la porta dell'obitorio con le mie mani ed è stato uno spettacolo orribile: una quarantina di corpi erano ammucchiati, con segni di terribili torture", ha raccontato uno dei primi miliziani di Hayat Tahrir ash Sham giunto nel tristemente noto ospedale-mattatoio di Harasta. È anche il giorno in cui continuano a riemergere testimonianze scioccanti delle sevizie compiute per decenni dagli aguzzini del regime nei confronti dei detenuti politici nella prigione di Saydnaya. Nel carcere-inferno è stata trovata una delle sale di tortura: una serie di corde da impiccagione rosse di sangue rappreso, una pressa meccanica per "schiacciare i corpi" senza vita, che venivano poi spostati nella "sala dell'acido e del sale", dove "venivano sciolti".

Sull'onda di una rabbia antica e incistata nelle pieghe di una società violentata da troppo tempo, il leader dei miliziani jihadisti Ahmad Sharaa (Jolani) in mattinata aveva annunciato l'intenzione di pubblicare una lista dei "nomi degli ufficiali più anziani coinvolti nella tortura del popolo siriano". "Offriremo ricompense a chiunque fornisca informazioni su alti ufficiali dell'esercito e della sicurezza coinvolti in crimini di guerra", si leggeva nell'annuncio di Sharaa. Mentre il premier incaricato, Muhammad Bashir, ha promesso che il suo nuovo governo "scioglierà i servizi di sicurezza" del dissolto regime. Ma se gli ufficiali più anziani delle mukhabarat sono quelli che hanno maggiori risorse per fuggire all'estero o per nascondersi meglio, la furia si è abbattuta sui quadri medio bassi del sistema di repressione.

La versione di Ribal Al-Assad, cugino del dittatore

"Spero che l'Occidente non cada nelle menzogne di Jolani, che è stato un membro dell'Isis, poi è diventato il leader del Fronte Al-Nusra, ovvero Al-Qaeda in Siria". A lanciare l'avvertimento contro la leadership dei ribelli siriani è Ribal Al-Assad, cugino del dittatore Bashar al-Assad ma dissidente e attivista per i diritti umani. Da Bruxelles il figlio di Rifaat al-Assad, fratello del dittatore Hafez el-Assad, padre di Bashar, ha parlato al sito d'informazione Linkiesta e ha messo in chiaro che l'opposizione democratica "non vuole vedere una dittatura rimossa solo per essere sostituita da un regime teocratico, come accaduto in Iran 45 anni fa, causando immense sofferenze nella regione da allora".


Keystone
Statua di Assad decapitata

L'oppositore - che in Europa ha fondato l'Organizzazione per la democrazia e la libertà in Siria ed è presidente della Fondazione Iman per la promozione del dialogo interreligioso, intrareligioso e interculturale contro gli estremismi - ha ricordato che Hayat Tahrir al-Sham, l'organizzazione capitanata da al-Jolani, "è composta da diversi gruppi estremisti islamisti jihadisti con migliaia di combattenti stranieri". Un universo di ex jihadisti di cui non ci si può fidare. "Ho letto che il governo del Regno Unito e l'amministrazione uscente degli Stati Uniti stanno considerando di rimuovere l'Hts dalla lista dei gruppi terroristici, nonostante abbia ucciso decine di migliaia di persone e commesso numerose atrocità dall'inizio della rivolta, molte delle quali documentate", ha spiegato. La rete di Hts ha un finanziatore ben preciso: il Qatar. "È importante notare che l'Hts e altri gruppi estremisti islamisti jihadisti sono sostenuti dal Qatar - ha osservato il dissidente -. Questo include i Fratelli Musulmani e il loro ramo di Hamas, i Talebani prima del loro ritorno al potere in Afghanistan e altri. In sostanza, il Qatar è la capitale e il quartier generale dei principali gruppi estremisti islamisti e la comunità internazionale non può perseguire queste organizzazioni ignorandone i finanziatori".