Il big dell'e-commerce è l'ennesima grande ditta accusata di appaltare fittiziamente manodopera a ditte esterne che non versano i contributi ai dipendenti

Il nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano ha eseguito un sequestro preventivo d'urgenza di circa 121 milioni di euro per frode fiscale a carico della filiale italiana di Amazon, colosso dell'e-commerce.
L'indagine vede al centro i "serbatoi di manodopera", presunto sistema attraverso il quale grandi aziende si garantiscono tariffe altamente competitive sul mercato appaltando per i loro servizi di logistica la manodopera a cooperative, consorzi e società filtro in modo irregolare, con annesso sfruttamento del lavoro, si legge in una nota.
Il presunto sistema descritto anche in quest'ultima indagine, che ha portato stamani al sequestro d'urgenza da 121 milioni, era già venuto a galla anche nei casi, solo per citarne alcuni, delle inchieste su Dhl, Gls, Uber, Lidl, Brt, Geodis, Esselunga, Securitalia, Ups, Gs del gruppo Carrefour e Gxo, con ultimo sequestro da quasi 84 milioni il 2 luglio.
Dalle inchieste sono emerse vicende in fotocopia di lavoratori sfruttati, costretti a passare come in una "transumanza" da una società all'altra dalle quali erano formalmente assunti – società filtro o consorzi – e lasciati sempre senza contributi previdenziali e assistenziali. Un presunto schema realizzato con false fatture ed evasione dell'Iva e che ha visto al centro nelle varie inchieste, oltre alla logistica, anche i servizi di facchinaggio e di vigilanza privata, tutti messi nel mirino dalla Procura milanese.
Amazon Italia Transport srl, "attraverso i propri dispositivi tecnologici, esercita poteri direttivi organizzando di fatto l'attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla cosiddetta consegna ‘di ultimo miglio’ in apparenza appaltata" a fornitori, "esercitando direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dai sopraccitati fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro", anche nel "controllo del loro operato". Lo scrive la Procura di Milano nel decreto di sequestro.
Le "singole società affidatarie del servizio di consegna", ossia quelle per cui formalmente lavorano i corrieri, "non dispongono nello svolgimento dell'attività di alcun potere discrezionale, in quanto i lavoratori non possono che interloquire costantemente solo con il dispositivo informatico loro in uso, dotato di un software gestionale di proprietà Amazon, con cui sono impartite le concrete direttive operative per effettuare l'attività di consegna". I software "e i relativi dispositivi elettronici, messi a disposizione da Amazon", si legge ancora, "sono studiati e impostati al fine di massimizzare la produttività e raggiungere la maggior quantità possibile di passaggi, non lasciando all'appaltatore, o comunque all'affidatario del servizio di consegna di ultimo miglio, alcuna discrezionalità operativa, residuando per esso unicamente poteri accessori, quali l'assegnazione di ruoli, l'organizzazione dei turni, il pagamento delle retribuzioni".
Con le inchieste, coordinate dal pubblico ministero Paolo Storari, le imprese, almeno una quindicina in tutto, hanno, poi, versato all'erario, come risarcimenti sulle somme contestate, un totale di circa mezzo miliardo di euro, come era stato evidenziato pure nell'ultimo decreto di sequestro: ad esempio, oltre 35 milioni da Dhl, 38 milioni da Gls, quasi 48 milioni da Esselunga, 146 milioni da Brt, oltre 86 milioni da Ups.
Inoltre, le società, come chiarito dalla Procura, "hanno proceduto ad internalizzare i dipendenti, prima in balia delle cooperative". Sono stati stabilizzati così negli anni circa 14mila dipendenti e a 70mila è stato aumentato lo stipendio.