Estero

Il Vaticano scomunica il vescovo ‘negazionista’ varesino Viganò

Il prelato è colpevole di scisma: sostenitori di tesi no vax e complottiste, ritiene eretico Papa Francesco e nega validità al Concilio Vaticano II

Carlo Maria Viganò
(Keystone)
5 luglio 2024
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Il Dicastero per la Dottrina della Fede ha scomunicato latae sententiae monsignor Carlo Maria Viganò accusato del delitto di scisma. Ieri, 4 luglio, il Congresso del Dicastero per la Dottrina della Fede si è riunito per concludere il processo penale extragiudiziale a carico di mons. Carlo Maria Viganò, accusato del delitto riservato di scisma.

"Sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell'autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II", sottolinea l'ex Sant'Uffizio. All'esito del processo penale, "mons. Carlo Maria Viganò è stato riconosciuto colpevole del delitto riservato di scisma. Il Dicastero ha dichiarato la scomunica latae sententiae". "La rimozione della censura in questi casi è riservata alla Sede Apostolica", si spiega ancora nella nota nella quale si indica che la decisione è stata comunicata a mons. Viganò oggi.

Il prelato, originario di Varese, è un sostenitore di tesi no vax e complottiste, oltre che legato agli ambienti lefebvriani (la fratellanza che nega l'autorità del Concilio Ecumenico Vaticano II): nei giorni scorsi era tornato a chiedere le dimissioni di Papa Francesco, affermando che egli non sarebbe legittimato a sedere sul soglio pontificio in quanto eretico e accusandolo di crimini contro l'umanità per aver creato "gravi effetti avversi, sterilità e morte nei milioni di fedeli che hanno seguito il suo martellante appello a sottoporsi all’inoculazione di un siero genico sperimentale prodotto con feti abortivi".

La scomunica: cos‘è e come funziona

La scomunica è la pena più grave nella Chiesa cattolica perché è la presa d'atto del fatto che la persona battezzata che si è macchiata di uno dei delitti canonici per i quali è prevista non è più in comunione con la Chiesa. Non può quindi celebrare né ricevere i sacramenti, non può partecipare attivamente alle celebrazioni di culto; non può ricoprire uffici, ministeri o incarichi ecclesiastici, né porre in essere atti di potestà di giurisdizione. E in alcuni casi più gravi previsti dalla legge canonica, se si tratta di un chierico, non è esclusa la dimissione dallo stato clericale. La scomunica è tuttavia una censura non perpetua e può essere rimossa nel caso in cui la persona dia prova di vero pentimento.

La scomunica è prevista in caso di apostasia, eresia e scisma. "L'apostata, l'eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae", stabilisce il canone 1364 del codice di diritto canonico, richiamato dalla disposizione della Dottrina della Fede nella vicenda di mons. Carlo Maria Viganò. La scomunica è ’latae sententiae', cioè automatica, quando scatta per il solo fatto di avere commesso uno dei delitti contro la fede.

Nel provvedimento dell'ex Sant'Uffizio riguardante Viganò viene citato anche il canone 751 del codice di diritto canonico nel quale si indica che cosa è lo scisma e le differenze con gli altri delitti per i quali anche è prevista la scomunica: "Vien detta eresia, l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa; apostasia, il ripudio totale della fede cristiana; scisma, il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti", è il testo della legge richiamata.

Nel caso in cui mons. Viganò dovesse pentirsi e chiedere che gli sia tolta la scomunica, "la rimozione della censura in questi casi è riservata alla Sede Apostolica", precisa ancora il Sant'Uffizio.