medio oriente

‘Abbiamo fame, qui a Gaza non c’è più nulla'

Gli sfollati di Rafah disperati dopo l'addio delle ong

Bambini in coda per il cibo
(Keystone)

"Cucinare per sfamare la mia famiglia è infernale, abbiamo bisogno di gas che è costoso e difficile da trovare. Anche le verdure e la carne hanno dei prezzi così alti che non ce le possiamo permettere". Nermin Mohamed, 34 anni e cinque figli, è disperata. "Fino a un paio di giorni fa - racconta - World Central Kitchen offriva ottimi pasti ogni giorno, ci aiutavano tanto. Due volte a settimana preparavano pollo cotto con riso e qualche volta manzo, c'erano anche fagioli". Ora, dopo la strage di volontari di Wck a Gaza e la sospensione delle attività da parte dell'ong, Nermin non riesce ad andare avanti. Vive in una tenda sovraffollata nella parte occidentale di Rafah, con lei anche sua sorella Shatha che ha altri due figli. "Riceviamo un pacco di cibo una volta ogni due settimane dall'Unrwa, ma non è sufficiente, ci sono solo scatolette e datteri secchi", racconta ancora scrutando i bambini seduti intorno come per rassicurarli.


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Aiuti via mare della World Central Kitchen

Situazione drammatica

Un dramma nel dramma della guerra che vivono altre decine di migliaia di famiglie dopo l'interruzione della fornitura di pasti da parte di Wck e ora anche di Anera. In 300 mila, a Gaza Nord, denuncia Oxfam, sopravvivono con 245 calorie al giorno pari a 100 grammi di pane, cioè meno del 12% del fabbisogno calorico necessario. Da ottobre, ricorda l'organizzazione umanitaria, il totale degli aiuti alimentari di cui è stato consentito l'ingresso in tutta Gaza è servito a garantire appena il 41% delle calorie necessarie ai 2,2 milioni di abitanti, che in questo momento rischiano di morire di fame. Ma non erano solo Wck e Anera ha fornire pasti caldi per migliaia di famiglie. Molte cucine locali lavoravano con il sostegno di ong che fornivano materie prime e provvedevano agli sfollati a Rafah e in altre zone del sud della Striscia. Ora la catastrofe umanitaria è davvero dietro l'angolo, aggravata dal fatto che la maggior parte della gente non ha alcuna forma di reddito e dipende esclusivamente dagli aiuti umanitari.


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Le sette vittime dell’attacco israeliano

Chi coltiva ancora non produce abbastanza

Ci sono ancora dei contadini che cercano di coltivare un po' di terra ma i pochi prodotti freschi, verdure e carne, non bastano per il milione e mezzo di persone che vivono a Rafah, oltre al fatto che i prezzi sono dieci volte superiori a quelli normali. "Prima della guerra stavamo bene, ma in questo momento sia io che i miei figli siamo denutriti - ha raccontato agli operatori di Oxfam un madre intrappolata nel nord di Gaza -. Siamo costretti a mangiare qualsiasi cosa troviamo, anche piante selvatiche a malapena commestibili". "Se continua così ci troveremo ad affrontare una situazione di vera e propria fame", è la considerazione amara di Sami Hejazi, sfollato da Gaza City a Rafah. E a poco serve il fatto, commenta ancora Sami, che alcuni privati hanno iniziato a importare pollo e carne congelati e che alcuni ristoranti stanno riaprendo: "I prezzi sono alle stelle, impossibile per le famiglie trovare un'alternativa ai pasti caldi e regolari che offriva Wck".

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