Estero

Islandesi in sciopero con premier e ministre per la parità

Decine di migliaia di persone in piazza nella capitale. L’Islanda è il primo Paese al mondo per l’uguaglianza di genere, ma resta ancora da fare

Oggi a Reykjavik
(Keystone)
24 ottobre 2023
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Lo sciopero delle donne divide l'Islanda a metà. Mentre incrociano le braccia per 24 ore, gli uomini sperimentano la difficoltà di vivere con scuole, asili, piscine, negozi chiusi e ospedali con prestazioni ridotte oltre che con una serie infinita di incombenze casalinghe aggiuntive. Nel Paese primo al mondo nella classifica sulla parità retributiva tra i generi, c‘è ancora un divario residuo: il reddito delle donne è inferiore del 21% rispetto a quello degli uomini. Troppo per le islandesi.

E contro questo gap sono scese in piazza a decine di migliaia, insieme alle persone non binarie, nella capitale e in tante altre località dell'isola. Nessuna sigla sindacale, nessuna sponsorizzazione di partito, nessun cappello su un raduno che più trasversale di così non poteva essere: non solo le donne con un lavoro retribuito ma anche le tante che, gratis, mandano avanti case e famiglie.

Cantanti, sindacaliste, attiviste, top manager e casalinghe, commesse e scienziate, professioniste, si sono riunite ad Arnarholl, collina nel centro di Reykjavik cantando insieme ’Afram Stelpur‘ l'inno di quel primo sciopero del 24 ottobre 1975, quando il 90% delle donne si rifiutò di lavorare nell'ambito del ’Kvennafridagurinn', (il giorno di riposo delle donne). Mobilitazione che aprì la strada a Vigdís Finnbogadóttir, la prima presidente donna eletta democraticamente al mondo.

Partecipazione della premier

Da allora le donne islandesi ne hanno fatta di strada. Ma il traguardo non è ancora stato tagliato. Ne è consapevole la premier Katrìn Jakobsdottir, che si è astenuta anch'essa dal lavoro: "Non lavorerò oggi perché mi aspetto che lo facciano anche tutte le donne (del governo)", aveva detto prima della protesta. "La riunione del governo prevista per oggi è stata rimandata a domani", ha fatto sapere il suo ufficio.

Condivide le ragioni dello sciopero il presidente Guoni Th. Johannesson, secondo il quale "l'attivismo delle donne per l'uguaglianza ha cambiato in meglio la società islandese e continua a farlo anche oggi".

"Stiamo cercando di attirare l'attenzione sul fatto che siamo definiti un paradiso per l'uguaglianza, ma ci sono ancora disparità di genere e un urgente bisogno di agire", ha commentato a sua volta Freyja Steingrimsdottir, una delle organizzatrici dello sciopero.

Una protesta per eliminare il divario nelle retribuzioni ma anche contro la violenza di genere, dalla quale la civilissima Islanda non è immune. "La teoria era che maggiore è l'uguaglianza di genere, minore è la violenza. Sfortunatamente non sembra essere questo il caso. La violenza contro le donne è profondamente radicata nella nostra cultura", ha affermato Kristín Ástgeirsdóttir, un'altra delle organizzatrici, parlando alla Bbc Newshour.

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