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Milei, la motosega e i soldi del Monopoly

Il 22 ottobre si vota. La maxicrisi economica e i passi falsi dei politici stanno lanciando un populista di destra che vuole fare piazza pulita

Mieli con i dollari con dentro Milei
(Keystone)

Sebastian ha un piccolo locale gastronomico nel cuore di Palermo Viejo, quartiere simbolo della movida di Buenos Aires. Il mese scorso ha dovuto pagare ai suoi quattro dipendenti un bonus straordinario anti inflazione imposto per decreto dal governo, 30’000 pesos in più in busta paga, una spesa che non aveva affatto messo in preventivo. “Ogni volta che faccio un ordine i fornitori mi aumentano del 5-10% i prezzi dei loro prodotti, è chiaro che non posso trasferire questo importo al menù, perché farei scappare i clienti. A differenza di altri locali noi abbiamo tutto il personale in regola, ma da mesi io e il mio socio lavoriamo per andare in pari, senza guadagnare nulla”. Il locale ha aperto due anni fa, quando nessuno poteva immaginare un’inflazione generale al 138% su base annua. “A volte penso che sarebbe stato meglio conservare quei dollari e cambiarli nel mercato parallelo, in Argentina conviene di più che mettersi a lavorare onestamente”.

Il crollo del peso

Alla vigilia delle presidenziali il dollaro, gioia e dolore da sempre degli argentini, ha superato la barriera psicologica dei mille pesos per unità sul mercato parallelo. A giugno per acquistare un biglietto verde (chiamato blue) ne bastavano 500 di pesos, una svalutazione del 100% in tre mesi che sta distruggendo quel che rimane dell’economia nazionale. I prodotti e le materie prime importate hanno prezzi proibitivi, molte industrie sono ferme o lavorano al minimo, impossibile qualsiasi pianificazione anche a breve termine. Si va avanti navigando a vista e le acque sono particolarmente turbolenti.


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Milei e la sua motosega

Il primo scossone

A metà agosto l’exploit alle elezioni primarie dell’outsider anti-sistema Javier Milei, che ha conquistato il 30% dei consensi, è stato il primo grande scossone. Economista di 52 anni, Milei è diventato famoso per le sue partecipazioni nei tantissimi talk show politici che imperversano nei canali televisivi argentini, è solito insultare gli avversari, accusa tutti i politici di far parte di una casta di corrotti e incapaci, si presenta ai suoi con una motosega elettrica, metafora del “ripulisti” che promette di fare se arriverà alla presidenza. Ha resuscitato il vecchio slogan delle manifestazioni di piazza di fine 2001, quando l’Argentina entrò in bancarotta con il fallimentare governo di Fernando de la Rua che decise di congelare i conti correnti: “Que se vayan todos, que no quede ni uno solo”, fuori tutti i politici, che non ne rimanga nemmeno uno.

Secondo Milei la causa di tutti i mali dell’Argentina risiede nella corruzione della “casta politica” e nell’onnipresenza dello Stato nell’economia, a iniziare dai tantissimi piani di assistenza sociale che raggiungono milioni di famiglie sul bordo della povertà. “Hanno costruito – sostiene Milei – un’industria della sussistenza, concedono delle briciole in elemosina mentre spendono come forsennati per i loro interessi personali”.


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Fame

Modelle e champagne

In piena campagna, quasi a confermare questa sua tesi, è arrivato lo scandalo della lussuosa vacanza a bordo di uno yacht da 10’000 euro al giorno nel Mediterraneo di Martin Insaurralde, influente dirigente peronista della periferia di Buenos Aires. Già sposato con una famosa modella a cui pare abbia dovuto sborsare 20 milioni di dollari per il divorzio, Insaurralde è stato pescato con un’altra modella con tanto di gioielli, Rolex e bottiglie di champagne, uno stile di vita evidentemente spropositato rispetto al suo salario da funzionario pubblico.

Chi segue da anni la politica argentina, come il caporedattore del quotidiano ‘La Nación’ Martin Rodriguez Yerba, è rimasto spiazzato dall’ascesa vertiginosa del candidato conservatore. “Dobbiamo fare autocritica perché non abbiamo saputo capire la dimensione del fenomeno Milei. Per la prima volta dal ritorno della democrazia nel 1983, un candidato di destra riesce a raccogliere consensi importanti tra i ceti più umili nella grande periferia di Buenos Aires, terreno che è sempre stato dominato dal peronismo. Allo stesso tempo, Milei seduce gli elettori dell’opposizione moderata di ‘Juntos por el Cambio’, che vedono in lui una carta più solida per sconfiggere il kirchnerismo. Se due mesi fa non capivamo bene qual era la sua base, ora ci risulta difficile capire qual è il tetto, anche se è chiaro che sta crescendo molto”.


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Una donna protesta mettendo il figlio nel carrello della spesa

Tutti i rischi del ribaltone

La legge elettorale argentina prevede che chi raggiunge il 40% dei voti ma con almeno dieci punti di distacco rispetto al secondo può diventare presidente già al primo turno: è questo l’obiettivo dichiarato del candidato de ‘La Libertad Avanza’. Il governo sta cercando con tutti i mezzi di scongiurare questo scenario, anche se è difficile per il candidato peronista Sergio Massa, che è al tempo stesso ministro dell’Economia, liberarsi dal peso dalla difficilissima congiuntura. Come ministro Massa ha annunciato una serie di misure economiche per sedurre la classe media che non riesce ad arrivare a fine mese. Ha elevato a 15 salari minimi il limite imponibile, chi guadagna meno di questo non dovrà pagare tasse sui profitti. Ha aumentato le pensioni, ha bloccato d’ufficio i rincari delle casse malati, ha ampliato la devoluzione dell’Iva su numerosi prodotti: uno sforzo notevole per le casse pubbliche, quasi il 2% del Pil, nella speranza di recuperare terreno.

Viene poi paventato il rischio per la democrazia che un eventuale governo Milei comporterebbe, con le sue promesse di eliminazione dell’educazione e della salute pubblica, i tagli alla ricerca, la riduzione drastica del Welfare, cose difficili da realizzare in una nazione dove il ruolo dello stato sociale è da sempre rilevante. C’è poi l’idea della dollarizzazione, l’eliminazione del peso argentino per adottare integralmente la divisa statunitense. Uno scenario impraticabile secondo diversi economisti. “Non si può fare – spiega Elizabeth Bacigalupo di Abeceb – perché non ci sono i dollari necessari e perché sprofonderemmo in uno shock cambiario ancora più grave di quello attuale, con salari pauperizzati e la classe media polverizzata: serve come slogan, ma è un salto nel vuoto dal punto di vista pratico”. Dello stesso avviso anche Patricia Bullrich, la candidata di centrodestra che si propone come un’alternativa al kirchnerismo meno estremista di Milei, ma che perde consensi a causa della polarizzazione in corso.


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Un cartello del 2015, sempre valido

Il gioco si fa duro

Comunque andrà a finire, lo scenario per il prossimo governo sarà molto complicato. Con quattro famiglie su dieci sotto la soglia della povertà, uno Stato privo delle risorse per pagare i suoi debiti, un fortissimo deficit fiscale e uno scenario di prezzi al limite dell’iperinflazione, sembrano davvero esaurite le ricette magiche. Una crisi che provoca situazioni surreali come quella che riguarda il Monopoy: il famoso gioco in scatola dispone di 210 banconote e oggi l’intera confezione viene venduta a 25’000 pesos. Paradossalmente agli argentini costerebbe di meno costruirselo da solo il gioco, con un pezzo di cartone e 210 banconote da 100 pesos della malcapitata moneta che ormai non vale quasi più nulla.

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