L'oppositore da dietro le sbarre: ‘La guerra in Ucraina è la più stupida del secolo’
La repressione politica in Russia non conosce tregua. Lo sa bene Alexey Navalny, ormai da anni preso di mira da una raffica ininterrotta di accuse ritenute inventate di sana pianta per colpirlo e che potrebbero costringerlo a restare chiuso in carcere per decenni. Ivan Zhdanov, che di Navalny è stato a lungo il braccio destro, ha annunciato che oggi i pm hanno chiesto 20 anni di reclusione per il rivale numero uno di Putin: una pena pesantissima, che si sommerebbe alle altre per le quali il dissidente è già stato condannato a 11 anni e mezzo dietro le sbarre.
L'accusa principale questa volta è quella di "estremismo": un'imputazione la cui matrice politica appare di un'ovvietà disarmante. Due anni fa il regime di Putin ha infatti bollato come "estremisti" sia il team di Navalny sia la sua Fondazione Anticorruzione, che ha più volte messo in imbarazzo lo zar e i suoi più stretti alleati. Navalny non è l'unico imputato: Daniel Kholodny, uno dei suoi principali collaboratori, viene infatti accusato assieme a lui in questo processo dai contorni kafkiani, con udienze a porte chiuse che si svolgono nella colonia penale a 250 chilometri da Mosca dove è detenuto l'oppositore.
La sentenza è attesa per il 4 agosto, ma le assoluzioni in Russia sono una rarità assoluta, soprattutto se gli accusati sono avversari di Putin. Se il Cremlino continua a soffocare ogni forma di dissenso, Navalny non smette però di sfidare il presidente russo. L'ex trascinatore delle proteste si è scagliato anche oggi contro l'invasione dell'Ucraina definendola "la guerra più stupida e insensata del XXI secolo", esattamente un mese dopo aver annunciato "una campagna contro la guerra" e "contro Putin".
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Striscioni per Navalny davanti alla sede dell’Onu a Ginevra
La Russia, ha detto Navalny in aula, "sta sguazzando in una pozzanghera di fango o di sangue" ma "prima o poi si rialzerà" e dovranno essere i cittadini russi a "determinare su cosa poggerà in futuro" il Paese. Da quando ha iniziato quella che definisce ‘l'operazione militare speciale’ in Ucraina, il Cremlino ha inasprito sempre più la repressione politica e ha pure promosso una legge bavaglio che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni sull'esercito che dovessero essere ritenute "false" dalle autorità: di fatto, un modo per proibire ogni voce critica contro la guerra.
Quasi tutti i principali oppositori russi sono ormai in carcere o costretti a vivere all'estero. Navalny è stato arrestato due anni e mezzo fa: non appena ha rimesso piede a Mosca da Berlino, dove era stato curato per un avvelenamento che ha fatto temere per la sua vita e per il quale, secondo l'Occidente, i principali indiziati sono i servizi segreti del Cremlino.
La repressione pare non avere fine neanche in carcere. Navalny denuncia infatti di essere ripetutamente rinchiuso in un'angusta cella di punizione con pretesti assurdi. "Non possiamo escludere che lo stiano avvelenando lentamente", aveva detto la scorsa primavera il suo avvocato sostenendo che il dissidente avrebbe perso ben otto chili in 15 giorni. Proprio oggi l'Ue ha imposto sanzioni a 12 persone e cinque organizzazioni accusate di "gravi violazioni dei diritti umani in Russia".
Secondo l'Afp, nell'elenco dei sanzionati Ue c'è anche il direttore della colonia penale IK-6 di Melekhovo, dove Navalny è detenuto, nonché quattro vicedirettori del carcere e un tenente. L'Unione europea denuncia che "i metodi utilizzati nella gestione" del centro di reclusione "equivalgono a trattamenti crudeli, disumani e degradanti" e che ciò "ha contribuito a un netto deterioramento della salute" dell'oppositore. Una posizione condivisa anche dai difensori dei diritti umani, tra cui Amnesty International.