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San Suu Kyi prigioniera a vita

Condannata ad altri tre anni di carcere. Ora ne ha 77 e in tutto deve scontarne 26, e ci sono ancora processi in corso

Aung San Suu Kyi (Keystone)
12 ottobre 2022
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Altri tre anni di reclusione, che sommati a quelli già esistenti diventano 26 e sono di fatto un ergastolo. Aung San Suu Kyi è stata condannata oggi per corruzione, l’ennesimo verdetto in una persecuzione penale iniziata dal colpo di Stato che l’ha deposta nel febbraio 2021. Nessuno sconto, nessun segnale di ripensamento da parte di una giunta militare sorda a critiche e appelli internazionali: e l’obiettivo di cancellare "la Signora" dal panorama politico in una Birmania sempre più lontana da quella "transizione verso la democrazia" che tanto aveva fatto sperare nell’ultimo decennio.

Suu Kyi, 77 anni, è stata giudicata colpevole di aver accettato una tangente di mezzo milione di dollari da un imprenditore birmano, che ha anche ammesso di aver pagato negli anni altri esponenti della Lega nazionale per la democrazia (Nld), il partito dell’ex leader del governo. Come per le altre accuse per cui è stata condannata finora – altri casi di corruzione, sedizione, divulgazione di segreti di Stato, frode elettorale, violazione delle restrizioni legate al coronavirus, e possesso illegale di walkie-talkie – Suu Kyi si è professata innocente, invano. L’odissea legale di Suu Kyi è lungi dall’essere finita.


Le proteste dei suoi connazionali in Thailandia (Keystone)

Gli almeno 18 altri capi di imputazione contro di lei potrebbero portare a una condanna cumulata di 190 anni di carcere. Ogni processo si svolge a porte chiuse, con avvocati non autorizzati a diffondere informazioni. "La Signora" è detenuta in un edificio separato nel complesso del carcere della capitale Naypyidaw. Secondo l’organo di informazione birmano "Irrawaddy", ha iniziato di soffrire di problemi di salute come un battito cardiaco irregolare e infezioni cutanee causate da punture di insetti. Dopo ogni condanna arrivano le condanne di Paesi democratici e organizzazioni dei diritti umani, ma nulla cambia.

Se da un lato il generale Min Aung Hlaing promette elezioni il prossimo anno, dall’altro ha eliminato politicamente un partito che ha preso oltre tre quarti dei seggi nelle ultime due elezioni, e la resistenza della popolazione si è fatta armata, diffondendosi nelle campagne. Dopo almeno duemila morti e 17mila arresti di oppositori, la giunta sta usando ancora di più il pugno di ferro, come si è visto nelle esecuzioni di quattro dissidenti a luglio, o nel massacro in una scuola nel Nord a opera di elicotteri militari due settimane fa. L’alleanza con la Cina rimane solida, così come la vendita di armi dalla Russia. E con l’Occidente concentrato sull’Ucraina, la Birmania ormai senza Suu Kyi ha perso importanza geopolitica.

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