laR+ il reportage

Carte bloccate e voli-gimkana, le vacanze impossibili dei russi

L’Europa si raggiunge solo dopo un costoso percorso stile Gioco dell’oca. C’è chi ripiega sulla Turchia. E torna di moda la dacia, in stile Urss

Un viaggiatore all’aeroporto moscovita di Sheremetyevo (Keystone)

Mosca – "Ma in Egitto ci sono gli squali!". Piotr e la moglie Katja sono amanti dell’Italia, da cui mancano da tre anni per la chiusura delle frontiere ai turisti per il Covid. La coppia aveva scovato su internet un volo dalla Turchia per la Sicilia, ma non si è fidata del prezzo troppo generoso. "Alla fine – dice Piotr – abbiamo preferito fermarci in Antalia e prenotare una seconda settimana a fine agosto in Egitto. Quest’anno va così".

Dalla Russia si può raggiungere in aereo l’Unione europea solo attraverso Istanbul, Dubai e l’Armenia, ma i costi sono proibitivi e la scomodità enorme: in ogni caso due giorni di vacanza si bruciano per l’andata e altri due per il ritorno.
"No, basta Turchia!" rilancia Olga, una manager moscovita che nel 2021 – quando praticamente tutte le frontiere erano chiuse per la pandemia – ha sfogato la sua voglia di mare a Bodrum. Ora 1’500 euro se ne sono andati solo per il biglietto aereo di metà agosto fino a Barcellona, passando per Istanbul.
Oleg ha un piccolo appartamento in Bulgaria sul mar Nero. Questa è la casa delle vacanze dove, per anni, la moglie con i due figli ha trascorso i mesi estivi. Dopo il 2020, andato perso per il Covid, la famiglia Protasovy è tornata qui sobbarcandosi dalla città dei Dardanelli una nottata in autobus. Diversamente non era possibile.


Anche a San Pietroburgo si va in spiaggia per sfuggire al calore (Keystone)

Il 2022 è per i russi l’anno dei viaggi all’estero disagevoli e da mal di testa, a prezzi da capogiro. Ma le difficoltà non sono legate soltanto al trovare i biglietti con le coincidenze giuste. Il grattacapo maggiore è dovuto ai soldi.
"Sembra di essere tornati ai tempi dell’Urss – si lascia scappare Oleg –. Se vuoi vendere euro non ci sono problemi, se li vuoi comprare invece è un casino". Ufficialmente vi è il tasso di cambio delle banche – molto al di sotto di quello di mercato – che, con poco piacere, si disfano della valuta comune. Tanti gli ostacoli da superare, quindi.

Obbligati ai contanti

Secondo la legge ogni persona può portare all’estero fino a 10mila dollari. Figurarsi i ricchi abituati a spendere e a spandere e a buttare i soldi per ribadire il proprio status.
Le carte di credito russe, anche quelle collegate ai circuiti internazionali, non funzionano più. La locale Mir ha corso solo in una quindicina di Paesi, quasi tutti secondari. Qualcuno si è così azzardato ad aprire conti correnti in banche bielorusse, per aggirare le sanzioni occidentali, ma il risultato è stato spesso la perdita dell’intero capitale depositato. Internet è pieno di racconti di disavventure del genere.
Da qualche settimana circola voce che si possano far "caricare" i soldi su carte prepagate turche attraverso un istituto di credito russo. Ma il dubbio è più che legittimo viste le fregature in giro.

La grande novità è che dal 15 luglio, dopo anni di chiusura per ragioni sanitarie, la Finlandia – prossimo membro della Nato – ha aperto le sue frontiere ai turisti russi. Nell’arco di pochi giorni alcune compagnie di trasporti hanno organizzato numerose corse giornaliere di autobus da Mosca e da San Pietroburgo dirette a Helsinki. Le agenzie turistiche si sono così messe a offrire pacchetti vacanze per l’Europa con volo in partenza dalla capitale finnica.

Tantissimi, soprattutto da San Pietroburgo, sono i russi che si sono accontentati di andare finalmente a fare un po’ di shopping oltre frontiera senza pensare alle spiagge. Anche per loro sono stati preparati dei "pacchetti viaggio".

Scultura di sabbia dedicata a Tolstoj e al suo "Guerra e Pace" (Keystone)

Ritorno al passato

Ma la stragrande maggioranza delle famiglie – onde evitare salassi in un periodo di magra, segnato da un’inflazione oltre il 20% e un futuro incerto per le ripercussioni delle sanzioni occidentali – ha preferito passare le vacanze in "dacia", la casa in campagna.
Anche perché per andare al Sud, a Sochi, in qualche località sul mar Nero o in Crimea si deve tener conto che ben 11 aeroporti sono chiusi per l’Operazione militare speciale. Tocca prendere il treno, sobbarcandosi viaggi stancanti e lunghi, e trovare i biglietti non è affatto facile. La scelta di farsi un giro nelle città d’arte pare non essere stata popolare: San Pietroburgo è praticamente senza turisti. Kazan, Nizhnyj Novgorod, Jaroslavl non sembrano aver attratto più di tanto. Qualcuno ha scelto di andare a godersi la natura in Caucaso.

Questa è un’estate diversa da quelle passate. Non ci sono né gioia né felicità nell’aria. Lo si vede dall’espressione della gente per strada e dai discorsi con i conoscenti dopo la terza birra. "Quella non è una cosa nostra – sostiene uno di loro –. È dei politici. Se la cosa non ti piace te ne vai all’estero, altrimenti segui le regole e stai zitto". Oppure "una cosa del genere tra slavi! Ma dai!".
La sensazione diffusa, in un Paese atomizzato come questo, è che il Cremlino – oggi a 5 mesi dallo scoppio della tragedia ucraina – trovi ormai appoggio solo tra i pensionati ubriachi di televisione e propaganda. Ma di proteste, in pratica, nessuna. In futuro ci potrebbe essere spazio per la tradizionale disobbedienza sociale. Qualche avvisaglia la si intravvede già. Nelle ultime settimane, in particolare nelle province, i giovani girano con magliette con scritte in inglese dai toni anarchici. Qualcuno si è fatto tatuaggi contro il sistema. Ogni tanto si vede per strada qualche slogan cancellato sull’asfalto. A San Pietroburgo degli sconosciuti hanno cementificato tre lapidi mortuarie dedicate alla coscienza, all’amicizia e all’intelligenza.

Verso un autunno caldo

L’autunno, però, si annuncia caldo se non si trova una soluzione con l’Occidente e in Ucraina e se non si ottiene un successo con "l’importazione parallela", ossia la sostituzione delle merci europee e americane con quelle di altri Paesi. Un’agenzia ad hoc, presieduta dalla figlia del presidente, è stata creata. Ma non sarà facile. Già l’erede russo dei McDonald’s è rimasto senza le patatine fritte! Finora le scorte hanno mantenuto in piedi l’economia russa, che dipende per l’80% da importazioni da Ovest. Ma quanto dureranno? Un’ondata di licenziamenti è alle porte.


Una dacia in campagna, meta tornata di moda per tanti motivi (Wikipedia)

La maggioranza dei russi ha la dacia di proprietà, dove coltiva l’orto. Nei tribolati anni Novanta – come del resto prima in epoca sovietica – la frutta e la verdura qui prodotte hanno sfamato una generazione. La novità degli ultimi giorni è che il presidente Putin ha appena firmato un decreto che adesso permette di tenere nelle case di campagna galline e maiali per uso personale.
"Non è possibile isolare la Russia", ha più volte rimarcato il capo del Cremlino, ma le dogane del Baltico – in entrata e in uscita – sono affollate da un’orda di tir e ci vogliono ben 6 giorni per superarle, raccontano le agenzie specializzate. Da mesi il fermo dello shipping, ossia delle spedizioni navali, è completo: senza i container il sistema si blocca.

"Abbiamo perso tutti i fornitori europei e americani – sostiene Anna, impiegata di un distributore all’ingrosso di profumeria e articoli per signore –. Ci sono rimasti solo gli australiani. Tocca trovare nuovi articoli su altri mercati e importarli. Ci sarà presto una fase riorganizzativa del mercato. Ce la possiamo fare". Il dubbio è quanto mai lecito.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE