Estero

Facebook alle corde, per Zuckerberg è la crisi peggiore

I ‘Fb papers’ denunciano disinformazione, allarmi ignorati e odio. I manager della società avrebbero avuto un ruolo chiave nella disinformazione

Il Ceo Mark Zuckerberg
(Keystone)
25 ottobre 2021
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New York – Segnalazioni inascoltate, allarmi ignorati, appelli all’azione caduti nel vuoto. Ma anche interferenze dei manager per spianare la strada a politici e vip. I Facebook Papers aprono probabilmente la crisi peggiore di sempre per il social di Mark Zuckerberg che, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, pensava o quantomeno sperava di aver superato il test maggiore. Passate al setaccio da 17 media americani, le 10’000 pagine di documenti interni alla società consegnati alla Sec offrono uno spaccato di una Facebook dove – come denunciato dall’ex dipendente talpa Frances Hughues – i profitti e la crescita sono favoriti rispetto a tutto il resto, anche alla sicurezza degli amici.

Proprio per non pesare sui conti Zuckerberg, campione dalla libertà di espressione negli Stati Uniti, si è piegato alla richiesta del Partito comunista vietnamita di censurare i post anti-governativi. Non farlo avrebbe esposto Facebook al rischio di finire offline nel paese dove, secondo alcune stime, realizza un miliardo di ricavi l’anno.

Interferenze dei manager a favore dei vip

Sempre su Zuckerberg ricadrebbe la responsabilità di diverse decisioni sui post su politici e celebrità. I documenti rivelano interferenze dei manager per consentire ai vip di postare qualsiasi cosa a prescindere da eventuali violazioni delle regole. “In molti casi la decisione sul mancato rispetto delle norme” da parte di persone di alto profilo “è stata presa da manager e in alcuni casi da Zuckerberg”, ha denunciato un dipendente.

Accuse pesanti per il 37enne amministratore delegato e fondatore di Facebook, un gigante controllato da Zuckerberg che è anche presidente del Consiglio di amministrazione oltre a detenere il 58% delle azioni con diritto di voto, con le quali il suo potere è praticamente senza limiti nella società ma anche di fronte al board. Una posizione quindi di estrema forza che lo espone ora a dure polemiche. “Invece di cambiare nome, Facebook dovrebbe cambiare amministratore delegato”, affermano alcuni critici riferendosi all’atteso cambio della denominazione e del logo del social per riflettere meglio il metaverso.

Disinformazione su elezioni e assalto al Congresso

Oltre a gettare un’ombra su Zuckerberg direttamente, i documenti sollevano dubbi sul ruolo di Facebook nella disinformazione sulle elezioni e l’attacco del 6 gennaio, con l’incapacità di agire sul movimento ‘Stop the Steal’ dei fan di Donald Trump. Ricerche interne a Facebook hanno mostrato la consapevolezza dei manager della società sui problemi legati ai discorsi d’odio e alla disinformazione, alla quale – rivelano i file – contribuiscono proprio i prodotti creati da Facebook e le sue politiche.

La lotta alla cattiva o falsa informazione – hanno denunciato ancora i dipendenti – è minata dalle considerazioni politiche. Il problema dei discorsi di incitamento all’odio non riguarda comunque solo gli Stati Uniti ma si spinge ben oltre i suoi confini fino ad arrivare all’India e all’Etiopia.

La fotografia scattata dai documenti – che includono anche segnalazioni sul traffico di esseri umani – mostra un Facebook in qualche modo spietata che rischia di attirarsi ancora di più i malumori e le critiche delle autorità di tutto il mondo. A Wall Street comunque Facebook qualche ‘amico’ ancora lo ha e nonostante la tempesta che si sta scatenando avanza decisa.

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