Italia

Processo Ilva a Taranto, 22 e 20 anni a proprietari e dirigenti

Fabio e Nicola Riva condannati per il disastro ambientale e le morti legate all'ex acciaieria. Tre anni e mezzo all'ex presidente della Regione Vendola

(Keystone)
31 maggio 2021
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La Corte d'Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'ex acciaieria Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo chiamato Ambiente Svenduto sull'inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico.

Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. La pubblica accusa aveva chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 anni per Nicola Riva.

Confiscati gli impianti

A 21 anni e 6 mesi di carcere è stato condannato l'ex responsabile delle relazione istituzionali dell'acciaieria Girolamo Archinà e a 21 anni l'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. E' stata inoltre disposta la confisca degli impianti dell'area a caldo che furono sottoposti a sequestro il 26 luglio 2012 e delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva Forni Elettrici. Condannato a 17 anni e sei mesi l'ex consulente della procura Lorenzo Liberti.

Condannati anche ex presidenti Regione e Provincia

Tre anni e mezzo di reclusione sono stati inflitti all'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola per il presunto disastro ambientale negli anni di gestione della famiglia Riva. I pubblici ministeri avevano chiesto una condanna a 5 anni.

Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale dell'agenzia per la protezione dell'ambiente Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far "ammorbidire" la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'Ilva.

A 3 anni di reclusione è stato condannato l'ex presidente della Provincia Gianni Florido, che risponde di una tentata concussione e di una concussione consumata, reati che avrebbe commesso in concorso con l'ex assessore provinciale all'ambiente Michele Conserva (condannato a 3 anni) e l'ex responsabile delle relazioni istituzionali dell'Ilva Girolamo Archinà. I pubblici ministeri avevano chiesto 4 anni per Florido e Conserva, 28 anni per Archinà.

Vendola annuncia ricorso in appello

"Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. E' come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l'ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all'avanguardia contro i veleni industriali.

Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l'ennesima prova di una giustizia profondamente malata." Lo afferma l'ex governatore della regione Puglia Nichi Vendola (ed ex presidente di Sinistra Ecologia Libertà, SEL) dopo la sentenza sull'Ilva di Taranto.

"Sappiano i giudici che hanno commesso un grave delitto contro la verità e contro la storia - prosegue Vendola -. Hanno umiliato persone che hanno dedicato l'intera vita a battersi per la giustizia e la legalità. Hanno offerto a Taranto non dei colpevoli ma degli agnelli sacrificali: noi non fummo i complici dell'Ilva, fummo coloro che ruppero un lungo silenzio e una diffusa complicità con quella azienda."

"Ho taciuto per quasi 10 anni - conclude Vendola - difendendomi solo nelle aule di giustizia, ora non starò più zitto. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna. Io combatterò contro questa carneficina del diritto e della verità"

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