Estero

Per Natale l'Europa cerca di fermare il turismo dello sci

Francia, Italia e Germania impongono quarantene al rientro, l'Austria anche agli sciatori in arrivo. La Svizzera balla da sola

Impianti chiusi in Francia (Keystone)
2 dicembre 2020
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Niente sciate natalizie, soprattutto non all’estero. La posizione dei Paesi che circondano la Confederazione si va delineando in maniera sempre più chiara, e anche i comprensori svizzeri che speravano in qualche turista straniero dovranno mettersi il cuore in pace. Francia, Germania e Italia imporranno la quarantena a chi si recherà all’estero, almeno fino a dopo le festività natalizie. E c’è addirittura chi i turisti non vuole nemmeno farli entrare: è il caso dell’Austria, che pur con gli impianti di risalita aperti terrà chiusi alberghi e ristoranti fino al 7 gennaio e imporrà dieci giorni di isolamento a chi arriva (o torna) da zone giudicate a rischio.

Tirolo isolato

Vienna ha infatti detto che sì, dalla vigilia di Natale si potrà tornare sulle piste, ma se si proviene da paesi dove i contagi nelle precedenti due settimane superano i 100 ogni 100mila abitanti, allora bisognerà prima andare in quarantena. Per capirci: attualmente il dato svizzero supera i 600 casi ogni 100mila abitanti, e l’incidenza del coronavirus in tutti i paesi confinanti è molto al di sopra del valore-soglia. La quarantena sarà sospesa solo in caso di test negativo dopo cinque giorni. Un colpo molto duro per il turismo invernale tirolese, che vive per il 70% di visitatori stranieri e che nel periodo natalizio realizza una parte decisiva del suo fatturato. Il lockdown locale attualmente in vigore in Austria si concluderà il 6 dicembre: riapriranno scuole private, negozi e musei, ma niente mercatini di Natale. Per il settore dell’ospitalità e della ristorazione si prevede invece una riapertura a gennaio. Intanto, nel fine settimana inizierà in alcuni Länder la campagna di test a tappeto – gratuiti e su base volontaria – nella speranza di potere così aggiornare i contagi e ‘rilassare’ le misure anti-Covid il prima possibile.  

Francia e Italia allineate

Da parte sua l’Italia dovrebbe scegliere di lasciare aperte le stazioni sciistiche, ma solo in teoria: gli impianti di risalita saranno chiusi per evitare assembramenti; gli alberghi operativi, ma potrebbe essere introdotto l’obbligo di cenare in camera. Non saranno poi molti gli italiani che preferiranno il comfort delle cabinovie svizzere: al ritorno si vedrebbero imposta una quarantena di durata ancora da definire.

Decisioni analoghe anche in Francia, dove a chi torna da una vacanza all’estero toccheranno sette giorni di quarantena. “La conclusione da trarne è che non andrò in Svizzera”, ha tagliato corto il primo ministro Jean Castex di fronte a chi gli chiedeva chiarimenti, non prima di una frecciata ai vicini (inclusa la Spagna, ancora indecisa sul da farsi): “Cerco di proteggere” i francesi, ha detto, “anche se altri Paesi non la pensano come noi”. Per Castex si tratterebbe anche di una forma di difesa dei gestori di stazioni sciistiche sul suolo francese, i quali potranno anch’essi riaprire le loro strutture, ma non gli impianti di risalita (una scelta che si è subito attirata parecchia ironia sui social: “è come aprire le piscine, ma senza l’acqua”, ha twittato qualcuno). Il presidente Emmanuel Macron ha spinto intanto per un “coordinamento europeo” sulla questione, con la Germania allineata alla chiusura almeno fino a gennaio e l’imposizione – invero già da fine ottobre – della quarantena di dieci giorni per chi torna da paesi giudicati a rischio, quali la Svizzera. Il portavoce del governo tedesco ha ribadito lunedì l’importanza di evitare “una ripresa prematura della stagione invernale”. Nelle sue linee guida per il Natale la Commissione europea non si è voluta sbilanciare, ma ha chiesto di non allentare le restrizioni.

La destra svizzera critica i paletti alle riaperture

 

E mentre all’estero la Svizzera è criticata per la scelta dell’apertura, a Berna una coalizione di dieci parlamentari federali (da Udc, Plr e Ppd)  denuncia l’opposto: troppe limitazioni per le stazioni sciistiche, dettate peraltro da un presunto dirigismo federale che non rispettebbe l’autonomia dei singoli cantoni. L'alleanza, composta principalmente da politici dell'Udc ma della quale fa parte anche la presidente liberale Petra Gössi, ha precisato in un comunicato di essere preoccupata per le “migliaia di imprese colpite, la cui sopravvivenza dipende dalle entrate generate durante le poche settimane di vacanze invernali”. Il dito è puntato contro una bozza d’ordinanza che si teme troppo rigida, con limitazioni che stando al ‘Tages-Anzeiger’ includerebbero ad esempio una riduzione nel numero di sciatori che si possono accogliere e trasportare sulle funivie, oltre a orari d’apertura serali ridotti per la ristorazione.

Il gruppo dei critici afferma di non capire “quale differenza ci sia tra un autobus pieno e una cabinovia al completo”, notando d’altronde come la permanenza in una cabinovia sia molto più breve rispetto a quella su un tram o un autobus. Secondo i detrattori, il Consiglio federale starebbe considerando di limitare le capacità sulle piste da sci “a causa delle pressioni estere”, e senza responsabilizzare i cantoni. Le nuove misure saranno probabilmente comunicate dal Consiglio federale venerdì.