Estero

Trump si decide: emergenza nazionale

Il presidente ha annunciato il provvedimento che autorizza il ricorso al fondo anticalamità

13 marzo 2020
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Alla fine Donald Trump ha dichiarato l'emergenza nazionale. Una fine che rischia di essere solo l'inizio: negli Stati Uniti non è più possibile minimizzare la gravità dell'epidemia di coronavirus, con 1.900 casi superati in tutto il Paese ed almeno 41 morti.

L'annuncio in una conferenza stampa convocata in risposta alle polemiche sul numero insufficiente di test compiuti negli Usa e in vista del G7 straordinario di lunedì, i cui rappresentanti si confronteranno sull'evoluzione della pandemia e sulla necessità di una risposta coordinata.

"Assicureremo massima flessibilità nella lotta al virus", ha detto, spiegando che dichiarando lo stato di emergenza nazionale ci saranno a disposizione almeno 50 miliardi di dollari (49 miliardi di franchi) per venire in soccorso degli stati più colpiti. "Chiederemo agli ospedali di preparare dei piani di emergenza", ha aggiunto il presidente. "Saremo in grado di garantire più test e più posti letto", ha concluso, sottolineando come gli Usa "sconfiggeranno la minaccia" del coronavirus.

Intanto però a Washington tiene banco il caso Bolsonaro e del suo portavoce Fabio Wajngarten, risultato positivo ai test del Covid-19. Entrambi nel weekend scorso erano a Mar-a-Lago, la residenza di Donald Trump a West Palm Beach, in Florida, ma sia il presidente che il vicepresidente Mike Pence hanno finora rifiutato di sottoporsi al tampone, nonostante le immagini che li ritraggono vicini a Wajngarten. In attesa dei risultati del test, invece, il senatore Lindsay Graham, anch'egli presente all'incontro del fine settimana. Risultati che hanno già confermato positivo il sindaco di Miami Francis Suarez, che ha a sua volta ricevuto la delegazione brasiliana nel suo ufficio.

La possibilità che l'infezione si sia già introdotta alla Casa Bianca non è perciò del tutto remota, anche dopo la smentita della positività di Bolsonaro al test Covid-19 (molto educatamente diffusa dallo stesso presidente brasiliano con una foto che lo ritrae mentre compie il gesto dell'ombrello). Intanto però una riunione d'urgenza era stata già convocata nell'ufficio del capo dello staff di Trump, a pochi metri dallo Studio Ovale, e il pressing sulle due più alte cariche dello Stato perché si sottopongano ai test si starebbe facendo sempre più insistente con il passare delle ore.

Ad accrescere la preoccupazione della Casa Bianca, poi, anche l'incontro giorni fa di Ivanka Trump e del ministro della Giustizia americano William Barr con il ministro degli Interni australiano, Peter Dutton, risultato a sua volta positivo al coronavirus. Un meeting testimoniato anche da una foto scattata all'ambasciata australiana a Washington. 

Dichiarando lo stato di emergenza nazionale Trump assicura che vengano liberate nuove risorse per assistere gli americani colpiti dall'epidemia, dando al presidente più poteri per usare i circa 50 miliardi di dollari del fondo anticalamità. Mentre il segretario al Tesoro Steve Mnuchin ha assicurato che la Casa Bianca e il Congresso sono vicini ad un accordo sul piano di stimolo destinato a sostenere l'economia ed allontanare l'incubo della recessione.

La situazione si aggrava

La situazione si fa però sempre più difficile. Oramai 48 Stati Usa su 50, più il District of Columbia dove si trova la capitale federale Washington, presentano casi di contagio. E le ripercussioni si fanno sentire anche sulla campagna elettorale, con la Louisiana che è diventata il primo Stato a decidere di spostare la data delle sue primarie programmate per il 4 aprile. La situazione più preoccupante del Paese si registra comunque a New York, dove i casi sono raddoppiati in 24 ore sfiorando i cento contagi ma con circa 1.800 persone in quarantena volontaria e tanti altri in attesa dei test. Mentre nell'intero stato di New York i casi sono oltre 300.

Così la metropoli si prepara alla possibilità di un vero e proprio lockdown, con la chiusura di scuole, negozi e uffici dopo lo stop già deciso per musei, teatri, arene e per tutti gli assembramenti con più di 500 persone. Nei cassetti del sindaco Bill de Blasio e del governatore dello Stato Andrew Cuomo sarebbero pronti anche piani straordinari ed eccezionali da far scattare nel 'worst case scenario': misure drastiche come il quasi fermo della rete della metropolitana o il blocco dei ponti che collegano l'isola di Manhattan al resto della città

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