Estero

Duemila morti in un giorno negli Stati Uniti

Si confermano le peggiori previsioni sulla diffusione del contagio. Trump, per distrarre, accusa l'Oms di essere filocinese

8 aprile 2020
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New York - Duemila morti in un giorno, quasi la metà a New York: bastano i numeri a confermare le dimensioni raggiunte dalla pandemia di coronavirus negli Stati Uniti. Numeri che andrebbero precisati come segue: la vasta maggioranza delle vittime appartiene alle minoranze afroamericana e latina, e qualche ragione, nemmeno troppo nascosta, ci sarà. Da quando è esplosa la pandemia mai nel mondo si era registrato un bilancio così pesante, nemmeno in Cina, nemmeno in Italia e in Spagna. Del resto, che negli States questa sarebbe stata una settimana orribile era stato ampiamente annunciato. Così i decessi dovuti al coronavirus negli Stati Uniti sono ora saliti a 13.000, mentre i contagi che hanno superato i 400 mila casi, anche questo un primato assoluto.

Donald Trump ha da obiettare: «Altri Paesi hanno di fatto più casi di coronavirus di quelli dichiarati, solo che riportano numeri ingannevoli o sbagliati», ha affermato incontrando come ogni giorno la stampa in uno dei briefing più contraddittori degli ultimi tempi, spia di una confusione, se non di un vero e proprio caos, che pervadono la Casa Bianca, con gli stessi consiglieri ed esperti del presidente spiazzati dalle sue continue fughe in avanti o retromarce. Come quella sul contributo fondamentale che gli Stati Uniti danno all'Organizzazione mondiale della sanità, finita nel mirino di Trump. Per i detrattori l'ennesimo capro espiatorio per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalle reali responsabilità dietro la crisi. Così prima Trump afferma che sta per sospendere il flusso di risorse verso un'Oms troppo filocinese e che ha dato l'allarme pandemia in ritardo, poi si corregge e spiega che "potrebbe" ritirare i fondi.

Ma il presidente appare nervoso e forse sente che la situazione potrebbe davvero sfuggirgli di mano, perché i numeri si fanno sempre più pesanti e terribili ma anche perché ogni giorno fioriscono le ricostruzioni su come la Casa Bianca era stata avvertita e sapeva dei rischi legati al coronavirus già dall'inizio dell'anno, se non addirittura da novembre. Intanto gli ultimi sondaggi confermano come la ruota è girata, e come la maggioranza degli americani che fino a poco tempo fa lodava la strategia del presidente oggi boccia la sua risposta alla pandemia: per il 55% degli elettori, emerge da un sondaggio della Cnn, sta facendo un "pessimo lavoro". Un cattivo segnale a pochi mesi dalle elezioni presidenziali.

Ma quello che più brucia a Trump, forse, è un altro sondaggio: quello condotto da Morning Consult per Politico secondo cui per la maggioranza degli americani Barack Obama sarebbe in grado di gestire la situazione molto meglio, meglio anche di Joe Biden. Proprio Obama ha pungolato il presidente su Twitter, chiedendo un cambio di passo sulla lotta alla pandemia. "Il distanziamento sociale - ha scritto - piega la curva dei contagi e allenta la pressione sul nostro eroico personale medico e ospedaliero". Ma per imprimere una svolta, aggiunge l'ex presidente americano, quello che serve è "un robusto sistema di test e di monitoraggio" del virus, "un qualcosa che dobbiamo ancora mettere in atto a livello nazionale". 

 

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