Gran Bretagna

Johnson vuole sospendere il Parlamento, in un'ora 100mila no

La richiesta del nuovo primo ministro britannico è andata a cozzare contro una petizione che dovrà ora essere discussa dal legislativo

28 agosto 2019
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Il primo ministro britannico Boris Johnson ha formalmente chiesto oggi la sospensione dei lavori parlamentari da metà settembre fino a lunedì 14 ottobre. Il provvedimento potrebbe ostacolare gli sforzi dei parlamentari che puntano ad evitare una Brexit senza intesa tra Londra e l'Unione europea. Termine ultimo per riuscirci: il 31 ottobre. La richiesta di Johnson ha scatenato un muro di no:  in poco meno di due ore una petizione contraria alla richiesta del primo ministro britannico ha raccolto 125mila sottoscrizioni sul sito stesso Parlamento e, stando alle regole del sito, dovrebbe quindi essere discussa dal legislativo.

La sospensione

"Questa mattina ho parlato con Sua Maestà, la Regina, per chiedere la conclusione dell'attuale sessione parlamentare nella seconda settimana di settembre, prima di iniziare la seconda sessione di questo Parlamento con un discorso della Regina lunedì 14 ottobre", scrive Johnson in una lettera di due pagine indirizzata ai parlamentari.

"Un elemento centrale del programma legislativo sarà la priorità legislativa assoluta del Governo – se un nuovo accordo è in arrivo al Consiglio europeo – per introdurre un disegno di legge sull'uscita" dall'Ue "e procedere spediti per garantire la sua approvazione prima del 31 ottobre", scrive il premier. "Riconosco in pieno che il dibattito sul discorso della Regina sarà un'opportunità per i membri del Parlamento di esprimere il proprio parere su questa agenda legislativa del governo e sul suo approccio verso il consiglio europeo del 17 e 18 ottobre".

Johnson ha negato che la sua decisione miri a indirizzare la Brexit verso l'epilogo 'no-deal'. L'iter prospettato, secondo il primo ministro, garantirebbe al Parlamento "tempo sufficiente prima e dopo il Consiglio europeo per ulteriori questioni relative alla Brexit" entro il termine del 31 ottobre. La posizione assunta dal primo ministro è stata già aspramente criticata dall'opposizione laburista e anche da settori del partito conservatore.

Critiche da Scozia e Galles

«A quanto pare, Boris Johnson potrebbe chiudere il Parlamento per forzare una Brexit senza accordo. A meno che i parlamentari non si uniscano per fermarlo la prossima settimana, quella di oggi passerà alla storia come una giornata buia per la democrazia del Regno Unito», ha detto Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese.

Dal canto suo l'omologo del Galles, Mark Drakeford, ha rinnovato la sua richiesta per un secondo referendum sulla Brexit: «Boris Johnson ha combattuto una campagna referendaria per rimettere il potere nelle mani del Parlamento, e ora vuole che la Regina chiuda le porte della nostra democrazia. Le intenzioni della campagna del Leave si stanno svelando. È tempo di rimettere la questione al popolo», ha scritto Drakeford su Twitter.
 
 


 
 

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