Italia

Almeno 36 i morti per il crollo del viadotto Morandi

Mentre i 250 soccorritori continuano la ricerca di sopravvissuti, a Genova è lutto cittadino per la tragedia. Il bilancio delle vittime resta provvisorio, fra loro anche tre bambini

Keystone
14 agosto 2018
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Per ora sono 37 le vittime accertate e 16 i feriti per il crollo del ponte autostradale Morandi sul torrente Polcevera al chilometro 000+551 dell’A10 Genova-Savona. Tra queste anche tre bambini di 8, 13 e 16 anni. Nel frattempo si continua a scavare tra le macerie per cercare altri sopravvissuti e a Genova è lutto cittadino. I circa 450 sfollati non possono ancora rientrare nelle loro abitazioni. La situazione non è cambiata rispetto a ieri: Il rischio che altre parti del ponte possano crollare non è stato scongiurato.

Intanto la Procura di Genova ha aperto un'inchiesta ipotizzando i reati di disastro colposo e omicidio colposo multiplo contro ignoti. “Al momento del crollo transitavano 30-35 autovetture e tre mezzi pesanti” ha detto ieri il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli. Il numero delle vittime potrebbe però aumentare in ragione del fatto che al momento del crollo sul ponte transitavano 30-35 autovetture e tre mezzi pesanti. I dispersi che i soccorritori stanno cercando tra le macerie sono per ora una decina. Progettato per sostenere un traffico nettamente inferiore (di almeno un terzo in meno di veicoli), il ponte era stato oggetto di numerose manutenzioni. Mentre in Italia divampano le polemiche,la polizia scientifica è tuttora al lavoro per determinare le cause del crollo.

Nel frattempo, in mattinata, il premier Conte ha incontrato i parenti delle vittime. Dal canto suo, il ministro delle Infrastrutture Toninelli su facebook ha pubblicato parole dure, già rimbalzate sui media italiani, e puntato il dito sui vertici di Autostrade per l'Italia, invitati a dimettersi.

"Il crollo del ponte Morandi rappresenta, oltre che un fatto di una gravità inaudita, una pesante emergenza per la portualità ligure, di gran lunga la più importate d'Italia", afferma poi Luigi Merlo, presidente Federlogistica-Conftrasporto ed ex presidente del Porto di Genova, il cui "primo pensiero va a tutte quelle persone che ieri hanno perso la vita nel crollo del ponte Morandi".

Si tratta, ha detto, di "una tragedia immane della quale non si ha ancora la portata complessiva, ma che  avrà conseguenze sulla vita quotidiana, sociale ed economica di Genova". “L'inadeguata infrastruttura ferroviaria a completamento del terzo valico ancora in corso e il mancato completamento del raddoppio Genova-Ventimiglia limitano i collegamenti al solo trasporto stradale. La mancanza di alternativa al ponte Morandi, per l'assurda opposizione alla gronda autostradale, rischia di mettere in ginocchio un'economia che al solo erario statale garantisce ogni anno quasi 5 miliardi di entrate tra Iva e accise generate dalla attività portuale". Non solo, "ma anche il turismo crocieristico, i collegamenti con traghetti per l'Italia e il nord Africa, la cantieristica rischiano un colpo mortale. E in ballo ci sono 50mila posti di lavoro".

Le condogliande del Presidente della Confederazione Alain Berset


La tragedia avrebbe potuto trasformarsi in un damma di maggiori proporzioni se a crollare fosse stato il pilone più a est. Lì, infatti, sotto il ponte sono state costruite numerose palazzine.

Intanto all'ipotesi del crollo strutturale, avanzata nei primi minuti seguenti il disastro, si aggiunge anche quella del fulmine che avrebbe colpito il manufatto. Secondo alcuni testimoni sembrerebbe infatti che un lampo abbia centrato la base di un pilastro e che subito dopo il cemento abbia iniziato a sgretolarsi, dando origine al crollo di circa duecento metri di autostrada. Un'ipotesi, questa, per ora finita sotto traccia.

Di certo per ora c'è solo bilancio ufficiale e il fatto che il viadotto Morandi – lungo 1.182 metri. – è al centro di numerose polemiche sin dalla sua costruzione. Già negli anni 90 erano state rinforzate le funi ricoperte di cemento (gli "strali") che reggevano una delle campate e da allora il ponte era costantemente soggetto a manutenzione. Tanto che oggi sui social alcuni abitanti della zona ricordano di essersi più volte preoccupati che il manufatto potesse crollare.

'Quel ponte non andava fatto in cemento' e 'serviva un altro bypass'

«È assolutamente prematuro, in questa fase, azzardare ipotesi sulle cause del crollo – dice intanto Enrico Sterpi, segretario dell'Ordine degli Ingegneri di Genova –. Il viadotto era attenzionato, c'erano delle problematiche e in una delle campate erano stati montati a fianco degli stralli, dei cavi esterni per integrare e potenziare gli stralli stessi. Ma il ponte era anche l'unica via di collegamento verso la Francia». Quanto alla dinamica del crollo, «posto che anche per questo bisognerà attendere delle rilevazioni, da una prima analisi delle foto e delle immagini disponibili, è possibile che prima sia collassato uno degli impalcati sospeso e poi siano collassati stralli e pilone».

«Il ponte Morandi ha sempre avuto problemi di corrosione degli stralli e di eccessive deformazioni, a causa delle perdita di tensione dei cavi di acciaio dentro le strutture di cemento armato precompresso – aggiunge dal canto suo il professor Andrea Del Grosso, per anni ordinario di Tecnica delle costruzioni all'Università di Genova, oggi docente presso lo stesso ateneo di un corso di Gestione e monitoraggio delle infrastrutture –. Ma all'epoca della costruzione le deformazioni del calcestruzzo non erano conosciute come oggi».

Peraltro, prosegue Del Grosso «il ponte dell'A10 era molto innovativo all'epoca. Le sue caratteristiche, la grande luce fra le campate, erano più adatte a una struttura in acciaio, ma all'epoca c'era una grande perplessità sull'acciaio, per questioni di durata, mentre le industrie italiane avevano grande esperienza sul cemento armato».

«La metodologia costruttiva del ponte - concorda Sterpi - va collocata nell'epoca in cui fu realizzato, inizio anni Sessanta, quando c'era il Dio cemento. Vista oggi, è uno schema strutturale che non ha senso, ma questa è una valutazione che si poteva fare già vent'anni fa. Il punto è che serviva un'alternativa, un bypass, perché quella su cui insisteva il ponte è l'unica via di collegamento esistente. Dell'idea di un bypass si parlò in passato, poi grazie anche alle classiche polemiche all'italiana, non se ne fece nulla».

La manutenzione dovrebbe essere prioritaria
Il crollo del ponte Genova ripropone drammaticamente il problema della manutenzione. «Quello della gestione del patrimonio costruito è un tema molto importante, che come ingegneri svizzeri ci occupa parecchio – afferma, interpellato dalla ‘Regione’, Andrea Mordasini, ingegnere civile dello Studio Lombardi Sa –. Un tema al quale il committente pubblico – Cantoni, Ufficio federale delle strade e Ffs – è particolarmente attento e lo è da tempo. Per quanto riguarda le grosse infrastrutture realizzate negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del secolo scorso, alcune parti dell’opera possono infatti essere oggi per cosi dire a fine vita». I principi alla base della manutenzione, aggiunge Mordasini, «sono gli stessi ovunque, poi vengono declinati in ogni Paese in funzione della legislazione e dell’organizzazione nazionali. Altrove per esempio sono le società concessionarie che si occupano della gestione e della manutenzione di determinate infrastrutture».   

Atlantia crolla in Borsa
Cede alla Borsa di Milano il titolo di Atlantia (riconducibile alla famiglia Benetton), che controlla Autostrade per l’Italia, dopo il crollo del ponte sulla A10 a Genova. Il titolo chiude in ribasso del 5,39% a 23,54 euro, bruciando oltre 1,1 miliardi di capitalizzazione.

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