Estero

I ragazzi in Thailandia: 'nelle notre cavità non sarebbero vissuti a lungo’

Intervista allo speleologo ticinese Nicola Oppizzi

(Tipress)
5 luglio 2018
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«Se fossero rimasti intrappolati in una delle nostre grotte, sarebbero probabilmente già morti a causa del freddo. Da noi in maglietta, calzoncini e a piedi nudi – così sono apparsi i bambini thailandesi nelle recenti immagini televisive – non si sopravvive a lungo. A cinquedieci gradi e con quei soli indumenti, magari anche bagnati, si va presto in ipotermia. Ritengo quindi che la temperatura mite della cavità dove si trovano questi ragazzini abbia contribuito a tenerli in vita».

Il ticinese Nicola Oppizzi è ingegnere civile e speleologo di lunga e provata esperienza. Membro della sezione ticinese della Società svizzera di speleologia, è stato fra l’altro tra gli artefici del Laboratorio di ricerca sotterranea del Monte Generoso.

Individuato dai soccorritori, dopo quasi dieci giorni di ricerche, il posto all’interno della grotta di Tham Luang nel quale i piccoli calciatori si sono radunati, ora si tratta di riportare i bambini alla luce del sole. Impresa tutt’altro che facile. Per Oppizzi «è una lotta contro il tempo. Se dovesse piovere e il livello dell’acqua nella cavità alzarsi, i bambini rischierebbero di annegare, non avendo, stando a quanto riferiscono i media, vie di fuga». Che fare? «Secondo me, l’unica soluzione praticabile in tempi ragionevolmente brevi – dice alla ‘Regione’ lo speleologo ticinese – è quella di insegnare ai ragazzi a muoversi sott’acqua con le speciali maschere portate in loco da speleosub svedesi. Ricordiamoci che i bambini apprendono con maggior facilità e rapidità degli adulti». L’altra soluzione ipotizzata, come si leggeva ad esempio sul ‘Corriere della Sera’ di ieri, è lo scavo di un pozzo al di sopra del punto dove si trovano i ragazzi. «Potrebbe funzionare, a condizione che siano precisi i rilievi della grotta – riprende Oppizzi –. Altrimenti si sbuca in una zona della grotta distante o impossibile da raggiungere dalla spiaggetta sulla quale sono in questo momento i bambini». La speranza è di trarli tutti in salvo e al più presto. «Forse resterà in loro per un po’ lo spavento di essere stati al buio per giorni – dice Oppizzi –. È successo a un mio collega speleologo: è rimasto bloccato per diverse ore in un fiume sotterraneo. Buio pesto. Un’esperienza bruttissima».

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