Estero

Trump ha attaccato la Siria

Nella notte missili e bombe Usa hanno colpito 3 obiettivi nell’ovest del paese, in risposta all’ultima aggressione chimica di Assad su Duma

(Wikipedia)
14 aprile 2018
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Tanto tuonò che piovve. Spartito fra gli appelli alla de-escalation della comunità internazionale e la necessità di apparire credibile dopo le minacce dei giorni scorsi, Donald Trump ha infine deciso di lanciare il promesso attacco aereo contro obiettivi siriani. Nella notte fra venerdì e sabato, il Presidente Usa ha ‘vendicato’ l'aggressione chimica su Duma dello scorso finesettimana colpendo obiettivi militari, centri di ricerca e depositi dell’esercito siriano di Bashar al-Assad. A sostenere Trump anche Francia e Gran Bretagna.

Per ora Trump ha ordinato un’operazione mordi-e-fuggi: una sola nottata di attacchi contro tre basi, che in un messaggio televisivo dalla Casa Bianca ha giustificato però come l’inizio di un più ampio impegno per impedire ad Assad l’uso di armi proibite. “Queste non sono le azioni di un uomo”, ha detto Trump alla nazione, “sono piuttosto i crimini di un mostro”.

Immediata la risposta della presidenza siriana, veicolata tramite il social medium preferito dallo stesso Trump: “le anime nobili non possono essere umiliate”, è apparso su Twitter. Le ha fatto eco l’ambasciatore russo a Washington, che ha minacciato “conseguenze” per la superpotenza americana.

Tante parole, come sempre, ma questa volta anche missili: su due obiettivi a ovest di Homs (nell’ovest del paese, a due passi dal confine col Libano) e su uno nei pressi di Damasco. Bombardieri e cacciatorpedinieri hanno sganciato missili e bombe quando in Siria erano le 4 del mattino (le 3 in Svizzera). Sotto il fuoco sono finite proprio le basi coinvolte nello sviluppo, nella gestione logistica e in quella militare degli ordigni al gas sarin ritenuto responsabile dell’ultimo massacro di Assad (almeno 40 vittime sul campo, oltre alle quasi cento morte intossicate in un secondo momento).

La mossa di Trump lo allontana da quell’obiettivo che lui stesso aveva annunciato la scorsa settimana: ritirarsi al più presto dal teatro del conflitto. L’attacco ha coinvolto il doppio delle forze rispetto a quello lanciato l’anno scorso - sempre ad aprile - contro un solo aeroporto militare, a seguito di un altro bombardamento chimico.

Se l’azione dovesse rimanere circoscritta, gli esperti ritengono che avrebbe scarso influsso sugli equilibri del conflitto, mentre rischierebbe di complicare la posizione diplomatica e strategica degli Usa. Elevato, invece, il valore simbolico di fronte all’opinione pubblica americana.

Il primo ministro inglese Theresa May ha giustificato l’operazione sostenendo che non c’erano alternative. “Questo schema di comportamento dev’essere fermato - ha detto - non solo per proteggere gli innocenti in Siria, ma anche perché non possiamo permettere l’erosione delle norme internazionali che vietano l’utilizzo di armi chimiche”. Ma poi May ha precisato: “Non si tratta di intervenire nella guerra civile. Non si tratta di cambiare regime. Si tratta di un attacco mirato e limitato che non porta a un’ulteriore escalation delle tensioni nella regione, e fa tutto il possibile per evitare vittime civili”.

Al momento è difficile formulare previsioni su eventuali nuovi attacchi.

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