Estero

Lo Stato di New York contro la Weinstein Company

'Violazione dei diritti umani e civili in materia di comportamento societario'. Altre accuse nel mondo dello sport. Mentre la Palma d'Oro Haneke parla di 'neopuritanesimo'

12 febbraio 2018
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La vendita a prezzo di saldo dello studio di produzione di Harvey e Bob Weinstein è oggetto di una causa che ha fatto fermare i negoziati. L'affare da 500 milioni di dollari è in stand-by per una causa mossa dallo Stato di New York, nella persona del ministro della Giustizia statale Eric Schneiderman. La società è accusata di non aver protetto lo staff dal predatore ("Sfamare l’appetito sessuale di Harvey Weinstein era una condizione per mantenere il posto", dice Schneiderman); nella denuncia si sostiene che qualsiasi passaggio di mano della società "deve garantire che le vittime siano indennizzate". Spuntano le "wing girls", donne al lavoro tra Londra, Los Angeles e New York e alle dipendenze dello studio, con l'incarico di adescare le potenziali vittime di Weinstein e di provvedere ai dettagli pre e post-incontri sessuali. Tutte mansioni che, secondo Schneiderman, "violano i diritti civili e i diritti umani dello stato di New York al pari delle sue leggi in materia di comportamento societario".

Mentre una ex campionessa mondiale di nuoto americana, Ariana Kukors, accusa l’ex allenatore Sean Hutchison, head coach del team femminile Usa nel 2009, di abusi sessuali iniziati dal 2005, quando aveva 16 anni, dopo un adescamento iniziato tre anni prima nel King Aquatic Center di Seattle, nello stato di Washington, all'ondata di denunce fa da controcanto Michael Haneke: il regista austriaco premio Oscar e due volte vincitore della Palma d’Oro si è scagliato contro la "nuova ondata di puritanesimo" che si respira nel mondo del cinema. Haneke ha parlato, come aveva fatto Woody Allen lo scorso autunno e poi Catherine Deneuve, di una "caccia alle streghe" da cui è scaturito un "neopuritanesimo che porta all’odio per gli uomini".

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