Estero

Charlie Hebdo, tre anni dopo

3 gennaio 2018
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Una vita in gabbia: a tre anni dalla strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo, il direttore Riss deplora le condizioni di massima sicurezza in cui il giornale si trova costretto a vivere per scongiurare un nuovo attentato come quello del gennaio 2015. Equipaggiamenti costosi e pesanti, con un servizio di agenti privati a presidio della redazione bunker situata in un luogo tenuto top secret di Parigi.

"Questi investimenti e questa protezione – spiega Riss nel numero speciale in edicola oggi – hanno un prezzo. Tutto compreso, arrivano tra 1 e 1,5 milioni di euro (tra circa 1,15 e 1,73 milioni di franchi) all’anno, interamente a carico del giornale". Questo, ha aggiunto, significa che la redazione deve vendere almeno "800’000 copie all’anno" solo per finanziare la sua sicurezza. Insomma, oltre una copia su due serve oggi a mettere in sicurezza la sede del giornale e si ignora se questo sistema potrà reggere ancora a lungo.

Di qui, l’amara constatazione del direttore, secondo cui la libertà di espressione è diventata un vero e proprio "prodotto di lusso", incluso in un Paese democratico come la Francia. E ancora: "Fino a quando Charlie potrà sostenere un tale peso finanziario? Nessuno può dirlo".

In prima pagina dell’edizione speciale da oggi in edicola, è disegnata la porta di un bunker da cui spunta timidamente il volto di un redattore di Charlie. "Il calendario dell’Isis? – afferma – Abbiamo già dato...". Il tutto corredato dalla scritta: "Tre anni in una scatola di conserve".

Dal 7 gennaio 2015, giorno del devastante attentato perpetrato dai fratelli Kouachi nell’ex redazione della Rue Nicolas Appert, il settimanale continua ad essere oggetto di regolari minacce e intimidazioni. Diversi giornalisti di Charlie vivono sotto scorta della Police nationale, "finanziata – afferma Riss – dalle tasse a cui contribuiamo tutti". Nonostante ciò, un altro redattore, Fabrice Nicolino, rivolge un editoriale al presidente Emmanuel Macron nel quale chiede maggiore sostegno da parte dello Stato. "Non conduciamo una vita normale", deplora il giornalista nel lungo articolo, chiedendo solennemente al presidente di agire per Charlie.

Quel 7 gennaio dodici persone morirono sotto i colpi di kalashnikov dei Kouachi e tra pochi giorni si terranno le commemorazioni ufficiali. Proprio oggi, nel corso degli auguri di inizio anno ai media ricevuti all’Eliseo, Macron ha lungamente insistito sul principio fondamentale della libertà di stampa. (Ats)

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