Estero

Scoppia la polemica sul Giro d'Italia 'israeliano'

1 dicembre 2017
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Sulla questione di Gerusalemme, uno dei tasti più delicati e incendiari del conflitto israelo-palestinese, il Giro d’Italia si trova preso fra due fuochi. Da un lato, il versante israeliano secondo cui la città “è la capitale unificata di Israele, e non c’è distinzione fra un settore Est e un settore Ovest”; dall’altro quello palestinese, espresso oggi con veemenza dall’ambasciata di Palestina a Roma e dall’esponente dell’Olp Hanan Ashrawi, secondo i quali “l’annessione israeliana di Gerusalemme Est è illegale e rappresenta una violazione dei suoi doveri in quanto potenza militare occupante”. Per uscire dallo stallo, ha avvertito l’Olp, se il Giro non vuole rendersi “complice” di quella politica, “occorre spostare la gara fuori da Israele”.

Già quella di ieri era stata una giornata pesante per gli organizzatori, dopo che da Gerusalemme era arrivato un esplicito monito da parte dei ministri Miri Regev (Sport e Cultura) e Yariv Levin (Turismo). Se la dicitura “Gerusalemme Ovest” – che poteva essere interpretata come una riserva sulla sovranità israeliana nell’intera città – non fosse stata sostituita dalle pubblicazioni ufficiali del Giro con quella di “Gerusalemme”, Israele – che pure sta preparando da mesi l’evento – avrebbe dato forfait e rinunciato alla partecipazione.

Quella correzione è stata fatta e oggi un giornale vicino al governo, Israel ha-Yom, ha espresso soddisfazione: “Le minacce – ha concluso – hanno dato risultati”. Il giornale ha ribadito che, anche secondo il ministero per le Questioni strategiche, la comparsa del termine “Gerusalemme Ovest” era da collegarsi “a pressioni di elementi filo-palestinesi, determinati a sostenere che Gerusalemme Est non sarebbe parte di Israele”, pressioni che sono state neutralizzate. In caso contrario, “Israele avrebbe annullato i finanziamenti e ritirato la partecipazione”.

Placato il governo Israele, è stato però il lato palestinese a sentirsi ferito. Indicando in “Gerusalemme” il punto di partenza della tappa di inizio, secondo la Ashrawi “il Giro servirà solo a legittimare l’annessione e a distorcere l’autenticità e il carattere della città. Organizzando un evento del genere – ha aggiunto – il Giro si fa complice dell’occupazione militare israeliana e delle sue violazioni del diritto internazionale”.

Secondo l’Olp, al punto attuale, la soluzione migliore è allora quella di “cessare di placare Israele a spese dei diritti umani fondamentali e delle libertà, e di spostare la gara fuori da Israele”. A livello diplomatico, la posizione della ambasciata di Palestina in Italia è stata altrettanto perentoria nel biasimare gli organizzatori del Giro per aver “ceduto al ricatto” d’Israele. “Cedendo alle pressioni politiche – ha aggiunto – essi si sono assunti una responsabilità politica che non solo non compete loro, ma che differisce dalla posizione politica della comunità internazionale, compresa l’Italia”. Nella sua nota l’ambasciata ricorda che Gerusalemme Est è destinata a fungere da “legittima capitale dello Stato di Palestina”. Non riconoscerlo, conclude, “significa non riconoscere la soluzione dei due Stati”.

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