Estero

Erdogan caccia i sindaci: arrivano le purghe silenziose

Il presidente turco
3 ottobre 2017
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Dopo Istanbul, potrebbe essere il turno di Ankara. Nel giro di pochi giorni Erdogan ha dato il benservito al sindaco della città più grande e ricca della sua Turchia e aperto la strada all’addio del primo cittadino della capitale. Un terremoto politico tutto interno al suo Akp in cui però nessuno, finora, se n’è andato sbattendo la porta.

Ufficialmente si tratta di dimissioni per il bene del partito. Ma per gli alleati storici del presidente sembra arrivata l’ora delle purghe silenziose. "Al momento non è previsto, ma non vuol dire che non accadrà in futuro", ha detto oggi Erdogan, chirurgico, dopo giorni di rumors su un imminente addio anche del sindaco di Ankara.

Dopo più di 13 anni e tre vittorie di fila nelle urne, era già saltata la poltrona del primo cittadino di Istanbul, il (finora) potentissimo Kadir Topbas. Al suo posto è arrivato il più giovane e rampante Mevlut Uysal, ex mini-sindaco di Basaksehir, periferia in rapida espansione e laboratorio del nuovo potere dell’Akp. Del resto, Topbas era da mesi sotto pressione dopo che il genero – l’imprenditore Omer Faruk Kavurmaci, che nella metropoli sul Bosforo ha fatto in questi anni affari d’oro – era finito in carcere per sospetti legami con la rete di Fethullah Gulen, l’ex sodale che Erdogan ritiene la mente del golpe fallito. Una "sindrome del genero" che non ha risparmiato il primo cittadino di Duzce, centro sul mar Nero tra Istanbul e Ankara, le cui dimissioni sono giunte ieri, a poche settimane dall’arresto del marito della figlia, sempre per legami con i "gulenisti".

Ora potrebbe toccare a Melih Gokcek, pittoresco e controverso primo cittadino di Ankara, ininterrottamente alla guida della capitale dal 1994. Con il suo gusto per la metafora, Erdogan aveva parlato di "fatica metallica" all’interno del partito, invocando un team "più dinamico" in vista dei cruciali appuntamenti elettorali del 2019, con amministrative, parlamentari e presidenziali nel giro di 6 mesi. E a Istanbul e Ankara, dove nel referendum di aprile sul presidenzialismo ha prevalso il "no", si giocherà una partita cruciale. In bilico ci sarebbero anche altri 5 sindaci di peso. L’opposizione, intanto, torna a denunciare il deficit di democrazia per decisioni piovute dall’alto che ignorano "la volontà degli elettori". Ma ai sindaci al passo d’addio, oscurati dalle ombre guleniste, l’oblio deve sembrare meglio delle manette.

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