Estero

Kenya, lunghe file ai seggi e senza il temuto bagno di sangue

8 agosto 2017
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Il Kenya ha votato e, almeno per ora, il temuto bagno di sangue non c’è stato. Ma si dovrà attendere qualche giorno per sapere se il prossimo presidente sarà ancora Uhuru Kenyatta o se lo sostituirà Raila Odinga, lo sfidante di sempre per il quale, forse, è l’ultima occasione: nel 2022, alle prossime presidenziali, avrà 77 anni, troppi per un Paese in cui l’80% della popolazione è under 35.

Molti seggi sono rimasti aperti ben oltre le 17, ora in cui era prevista la chiusura, per smaltire le lunghe file di elettori in attesa fin dall’alba ai 40 mila seggi. Nonostante la tensione e le violenze dei giorni scorsi – la più grave l’uccisione di un alto esponente della Commissione elettorale – il voto si è svolto regolarmente, grazie anche all’imponente spiegamento di forze dell’ordine: in campo 180mila uomini per vigilare sul voto dei 20 milioni di elettori oltre a migliaia di osservatori internazionali.

Ma i timori della vigilia restano tutti. La violenza potrebbe esplodere quando, tra qualche giorno, sarà proclamato il vincitore, con le inevitabili accuse di brogli e il possibile riemergere delle mai sopite rivalità interetniche.

Ha ben presente il rischio di incidenti il presidente uscente Kenyatta, 55 anni, memore del disastro del 2007, quando le sanguinose rese dei conti provocarono oltre 1000 morti e più di mezzo milione di sfollati. Per quello che può valere, un appello lo ha già fatto oggi. I kenyani devono "andare avanti come una sola nazione", ha detto Kenyatta sottolineando che accetterà il responso delle urne e invitando il rivale a fare altrettanto.

Ma la questione va oltre gli appelli generici all’unità. E sta nel fatto che la base di Kenyatta, figlio del primo presidente del Kenya Yomo, e di Odinga, figlio del primo vicepresidente Oginga, più che politica continua ad essere etnica. I potenti Kikuyu, il più importante gruppo del Paese, sostengono compatti Kenyatta. Dietro Odinga ci sono i Luo, dei quali suo padre fu il capo.

Lo storico antagonismo tra le famiglie dei protagonisti dell’indipendenza del Paese dalla Gran Bretagna continua. E si salda ai problemi irrisolti degli anni della presidenza di Uhuru Kenyatta, primo fra tutti quello della disoccupazione giovanile che è al 22% nonostante una crescita economica rilevante attestata attorno al 5%.

Non si saprà prima di una settimana il nome del vincitore, che ha bisogno di superare il 50% e di ottenere un quarto o più dei suffragi in almeno 24 delle 47 contee del Kenya. Nei seggi chiusi si stanno già contando le preferenze. E una pacifica accettazione del risultato o una possibile rivolta dipenderanno anche da quanto, in termini di trasparenza, la Commissione elettorale saprà essere convincente.

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