Estero

I giornalisti del New York Times protestano per i nuovi tagli 

(Richard Drew)
30 giugno 2017
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I giornalisti del New York Times incrociano le braccia: una breve astensione dal lavoro di venti minuti a difesa del posto di cento giornalisti del desk incaricato della “caccia agli errori” decisa ai vertici per velocizzare la catena di produzione delle notizie nella corsa al digitale e al tempo stesso per contenere i costi a fronte dell’inesorabile calo della pubblicità.

“Loro dicono tagli, noi ci ribelliamo”, hanno gridato i reporter marciando attorno al quartier generale del quotidiano: “I copy editor ci proteggono alle spalle” e “senza di loro sarebbe il New Yrok (sic) Times”, erano alcuni degli slogan strillati sul marciapiede del grattacielo di Renzo Piano.

Oltre a correggere refusi, errori di grammatica e di sintassi, il desk della “caccia agli errori” è l’ultima linea di difesa da possibili svarioni prima dell’andata in pagina. Ciò nonostante, in maggio il direttore Dean Baquet aveva annunciato che l’intero desk – circa cento persone – avrebbe dovuto accettare buonuscite e eventualmente subire il licenziamento se non si fossero trovati volontari a sufficienza. I risparmi dovrebbero servire ad assumere cento nuovi reporter e i “copy editor” avrebbero potuto far domanda per 50 di queste posizioni. La deadline per farsi avanti è il 20 luglio e il sindacato ha fatto opposizione.

Nella stessa occasione Baquet aveva annunciato l’abolizione da subito del posto di 'public editor', il garante dei lettori, con una decisione che aveva creato polemiche: il ruolo creato nel 2003 dopo che il giornale era finito alla graticola per un clamoroso caso di invenzioni da parte di un suo reporter, era sembrato particolarmente rilevante in mesi in cui i grandi media Usa sono sotto costante attacco da parte del presidente Donald Trump che li accusa di pubblicare “false notizie”.

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