Confine

Criminalità organizzata, appetiti illeciti sull’economia comasca

La provincia lariana piace sempre più ai professionisti dell’economia illecita, favorita dalla vicinanza con il Canton Ticino

Il Ticino continua a essere la cassaforte degli ingenti capitali posseduti dalla criminalità organizzata
(Ti-Press)
19 marzo 2024
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“Le mafie sparano meno e questo consente loro di fare affari più facilmente con la politica e con l’economia. E il territorio comasco, per la sua vicinanza al Canton Ticino, è da sempre un territorio molto appetibile. La conferma arriva dalle numerose operazioni che stanno a dimostrare il radicamento della criminalità organizzata, incominciando dalla ’ndrangheta, non solo in provincia di Como, ma anche in Svizzera, incominciando dal Canton Ticino che, come aveva pronosticato Giovanni Falcone, oltre ai soldi ha visto arrivare i mafiosi”. Non ha dubbi l’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo (già presidente di sezione della Corte di cassazione) nell’esprimere un concetto molto preciso: la provincia di Como piace sempre più ai professionisti dell’economia illecita, favorita dalla vicinanza con il Canton Ticino che continua a essere la cassaforte degli ingenti capitali posseduti dalla criminalità organizzata.

Dal sequestro del Casinò di Campione in avanti

Come la pensa Davigo lo si è appreso nel corso dei lavori di un convegno formativo, organizzato dal Dipartimento di diritto, economia e culture dell’Università dell’Insubria, tenutosi nel fine settimana nell’aula magna dell’ateneo. Un convegno dal significativo titolo: ‘L’economia illecita fra diritto e cronaca. Uno sguardo al territorio insubre’. Davigo si è soffermato sull’esperienza maturata nel corso di quasi mezzo secolo di attività inquirente: “Nel 1983 sequestrai il Casinò di Campione d’Italia. La società che lo gestiva era infatti riconducibile a Nitto Santapaola, sanguinario boss di Cosa Nostra”.

Il protocollo operativo con la Direzione distrettuale antimafia

Se in passato la mano mafiosa nel Comasco non passava inosservata (numerosi gli omicidi), oggi le strategie si sono fatte ben più raffinate. “Nelle nostre procedure fallimentari – la valutazione di Paola Parlati, presidente del Tribunale di Como –, ci troviamo spesso di fronte a scatole vuote, società nate solo per accumulare debiti erariali che alterano gli equilibri di mercato e con finalità contigue agli interessi della criminalità organizzata”. Per questo motivo lo scorso autunno il Tribunale lariano ha firmato un protocollo operativo con la Direzione distrettuale antimafia: “Un anello per riuscire a congiungere la patologia economica a quella penale – continua Parlati –. La consapevolezza che le attività economiche, anche sul nostro territorio, sono permeabili. E quindi grande attenzione va destinata ai settori del movimento terra, dell’edilizia, dell’autotrasporto, delle cooperative, della logistica e del facchinaggio. Campanelli d’allarme? La presenza di amministratori domiciliati distanti dalla società, oppure di amministratori troppo giovani o troppo anziani soprattutto quando non hanno esperienza (e che quindi rischiano di essere semplici prestanome), un numero di dipendenti sproporzionato rispetto all’attività, la presenza di trust o fiduciarie con sede all’estero, perlopiù in Svizzera”.

Il bisogno di consapevolezza chiesto dai commercialisti

Tra gli interventi al convegno va segnalato quello del presidente dei commercialisti comaschi Alberto Sala: “Mentre prima le organizzazioni mafiose si facevano la guerra, oggi si mettono d’accordo per acquisire appalti e per scalare società. Ma la lotta alla criminalità organizzata non può essere delegata alla Magistratura: serve una maggiore consapevolezza culturale. A partire dai professionisti, perché quelli deviati lavorano inevitabilmente come una proiezione della criminalità organizzata”.

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