Confine

Calano le esportazioni in Svizzera, Como e Lecco preoccupati

La Camera di Commercio di Como-Lecco crea un ‘desk camerale’ per invertire la tendenza. A settembre il calo era del 3,4%

Lo sportello si occuperà soprattutto di aspetti fiscali e amministrativi
(Ti-Press)
1 gennaio 2024
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Un desk camerale per incrementare l'esportazione lariana in Svizzera. Anche se mancano i dati definitivi è certo che l'esportazione targata Como e Lecco verso la Confederazione nell'anno che si è appena concluso registra un rallentamento anche se la bilancia dei pagamenti continua a essere positiva. A fine settembre l'Istat certificava un calo del 3,4%. Percentuale non allarmante, ma comunque da non sottovalutare, considerato che l'export lariano verso la Svizzera per le economie delle due province di confine ha un peso significativo.

Come conferma l'elaborazione dell'Ufficio studi e statistica della Camera di Commercio di Como-Lecco dei dati forniti dall'Istat. Lo scorso anno le esportazioni lariane verso la Confederazione in valore assoluto sono state pari a 868,7 milioni di euro. La Svizzera è stata superata nell'ordine da Germania (2'060 milioni), Francia (1'471,5 milioni) e Stati Uniti (991,4 milioni). Se si rapporta il valore assoluto al numero di abitanti nei singoli Paesi, la Svizzera è di gran lunga quello maggiormente interessato ai prodotti lariani.

Per comprendere la portata della bilancia dei pagamenti con la Svizzera per l'economia lariana, anche in questo caso occorre rifarsi ai dati camerali. A fronte di una esportazione per oltre 868 milioni di euro, l'importazione dalla Confederazione si è fermata a 264,5 milioni di euro. Per gli amanti dei numeri: 603,5 milioni le esportazioni dalla provincia di Como, 264,5 milioni da Lecco; 191 milioni le importazioni a Como, 73,5 milioni a Lecco. Oltre 600 milioni di euro, quindi, l'attivo commerciale con la Svizzera. Ma, come si diceva all'inizio, le esportazioni dal Lario verso la Confederazione nel 2023 non sono andate bene così come era stato l'anno precedente. Un arretramento che ha fatto alzare le antenne alla Camera di Commercio di Como-Lecco che in collaborazione della Camera di Commercio italiana per la Svizzera (Ccis) con sede centrale a Zurigo e succursali a Ginevra e Lugano, nella speranza di contribuire a riportare l'export lariano sulla strada maestra, ha lanciato il Desk mercato svizzero, uno sportello informativo e di assistenza (gratuita) focalizzato sul supporto alle imprese lariane interessate allo sviluppo commerciale in Svizzera.

L'attività dello sportello, fa sapere la Camera di Commercio di Como-Lecco, si “concentra su diverse aree chiave”, incominciando dagli “aspetti fiscali e normativi” alla base dei rapporti fra Italia e Svizzera. Il servizio “offre approfondimenti sull'accesso al mercato svizzero, le rappresentanze fiscali, il distacco dei lavoratori e le procedure doganali”. Particolare attenzione viene riposta al settore metalmeccanico. Questo perché “il settore manifatturiero svizzero sta cercando collaborazioni nei Paesi vicini, soprattutto in Germania e in Italia. Le opportunità riguardano prodotti e servizi come meccanica di precisione e lavorazioni meccaniche, elettromeccanica, lavorazione della lamiera, lavorazione delle plastiche, cablaggi”. Per cogliere queste opportunità è fondamentale un allineamento tecnico e gestionale rispetto alle esigenze dell'industria svizzera.

Ecco, quindi, che per centrare questo obiettivo grazie allo “sportello” è disponibile “un'azione specifica che include un export check-up personalizzato, report individuale e coaching con imprenditori svizzeri”. Per consentire agli imprenditori lariani di sapere di più sul “Desk mercato svizzero” la Camera di Commercio di Como-Lecco ha redatto un Vademecum in collaborazione con Confartigianato Imprese, Ance (associazione nazionale costruttori edili) e Confindustria di Como e Cna Como-Lecco-Monza. Nel Vademecum largo spazio anche al “Regime di libera circolazione” delle persone tra Svizzera e Ue che ricordiamo prevede la liberalizzazione delle prestazioni per cittadini svizzeri o europei fino a 90 giorni lavorativi all'anno civili. Viene rammentato che “non è richiesto un permesso di lavoro, ma solo una notifica con le caratteristiche principali delle prestazioni”.

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