Confine

‘Frontalieri, usare i ristorni per ridurre il costo del lavoro’

L‘assessore lombardo Sertori ha parlato ancora di questa opzione, ribadendo che in Regione Lombardia ‘è in atto una riflessione’

In attesa
(Ti-Press)
8 novembre 2022
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Utilizzare i ristorni dei frontalieri per arginare la fuga dei lavoratori lombardi, residenti nei comuni della fascia di confine con i cantoni svizzeri di frontiera, quali Ticino e Grigioni. Ristorni per ridurre il costo del lavoro a ridosso della frontiera e conseguentemente aumentare il peso della busta paga. Sarebbe una possibile strategia, quanto vincente ora come ora non è dato sapere, per far calare il numero dei frontalieri che, come indicano gli ultimi dati, continua a crescere.

L’impegno del ministro Giorgetti

Attorno a questa via d’uscita sta lavorando di concerto con il Ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti, l’assessore regionale lombardo Massimo Sertori, che ha la delega ai Rapporti con la Confederazione elvetica. Sertori ha parlato di questa ipotesi domenica mattina a Sondalo, in provincia di Sondrio, nel corso di una festa provinciale dell’artigianato. E si è soffermato sul fatto che dalla nuova fiscalità dei frontalieri, attualmente al palo, ci sarà un maggior gettito per l’Italia. "Noi crediamo che questo maggior gettito debba andare anche in parte a diminuire il costo del lavoro nella fascia di confine. Su questo in Regione Lombardia è in atto una riflessione. Ne abbiamo parlato con il ministro Giorgetti che ha assicurato l’impegno da parte sua e del governo a riprendere in mano l’accordo sottoscritto con la Svizzera sulla nuova fiscalità dei frontalieri. E si è pure impegnato a trovare una soluzione per arrivare a colmare il gap tra i salari pagati in Italia e quelli percepiti dai frontalieri in Svizzera. Una soluzione passa anche dall’utilizzo di una parte dei ristorni destinati a crescere con la nuova fiscalità a cui saranno sottoposti i frontalieri".

In Lombardia si cercano soluzioni

Nelle scorse settimane la Regione Lombardia ha sollecitato l’istituzione di una Zes, una zona speciale sino a 20 chilometri dal confine, per avere una defiscalizzazione del cuneo fiscale, meno oneri di contribuzione, e meno burocrazia che frena le aziende. Un progetto identico a quello risalente a pochi anni fa che non ebbe fortuna, in quanto bocciato dal parlamento a Roma. Il nuovo tentativo, casomai fosse necessario, conferma come siano avvertiti i problemi legati alla crescita esponenziale del frontalierato.

Insomma, la ricerca di soluzioni è diventata un imperativo. È convinzione pressoché unanime che una via d’uscita sarà possibile solo dopo la firma dell’accordo italo-svizzero sulla nuova fiscalità dei frontalieri che, ricordiamo, sarebbe dovuto entrare in vigore il 1° gennaio 2023. A Sondalo l’assessore regionale Sertori ha rassicurato coloro che lo interrogavano: "Il nuovo accordo fiscale sarà firmato a breve. È solo questione di tempo, di poco tempo".

Dello stesso avviso il senatore democratico varesino Alessandro Alfieri, a cui si deve il disegno di legge che fissava i contenuti di competenza italiana (come la franchigia riconosciuta ai frontalieri neo-assunti per abbassare le tasse) dell’accordo italo-svizzero: "Non ci sono ostacoli per arrivare all’approvazione della nuova fiscalità dei frontalieri". È comunque scontato che se ne parlerà il prossimo anno.

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