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‘Don Roberto non è in Paradiso perché era un peccatore’

Continua il processo al 53enne tunisino che ha ucciso il sacerdote a Como. L’imputato ha negato l’innegabile

Ti-Press
14 ottobre 2021
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“Non credo che don Roberto sia in Paradiso, perché era un peccatore”. Con questa affermazione di Ridha Mahmoud, si è chiusa in Corte d’Assise di Como l’istruttoria processuale per l’omicidio di don Roberto Malgesini, il sacerdote degli ultimi ucciso con diverse coltellate la mattina del 15 settembre dello scorso anno in piazza San Rocco. Accusato del reato di omicidio volontario, con l’aggravante della premeditazione, il 53enne tunisino dopo essersi in tutte le occasioni rifiutato di rispondere alle domande dei magistrati, ha accettato di sottoporsi all’interrogatorio del pubblico ministero Massimo Astori.

L’imputato ha negato di aver mai conosciuto don Roberto, di essere andato in piazza San Rocco, di aver mai ricevuto la colazione dal sacerdote, così come di essere lui quando gli è stata mostrata una fotografia in cui lo si vede assieme a don Roberto, impegnato a medicargli un piede. Insomma, ha negato l’innegabile. Un atteggiamento, forse, teso a passare per matto, dopo che poco prima dell’interrogatorio il consulente di parte, lo psichiatra Nicola Molteni, aveva ribadito che l’imputato era “capace di capire la portata del suo agire” per cui nel momento del delitto “era capace d’intendere e di volere”. Conclusione, quella dello psichiatra, rafforzata dal prosieguo dell’interrogatorio dell’accusa che ha sollecitato Mahmoud a ricordare le tappe più importanti della sua presenza in Italia, dal momento in cui è arrivato dalla Tunisia.

E qui la memoria dell’imputato ha mostrato una incredibile lucidità. Ha ricordato che una volta giunto in Italia, ha subito raggiunto Como (“era sabato 18 settembre”): ha indicato il giorno e il luogo del primo lavoro, il giorno del matrimonio e quello della separazione, le ‘grane’ avute con la giustizia. E quando Astori gli ha chiesto chi secondo lui lo aveva tradito, per cui era stato espulso dall’Italia, la risposta: “Diverse persone, ma più di tutte don Roberto”. Astori: “Per cui lo conosceva”.

Sciogliendo la riserva, la Corte d’Assise presieduta da Valeria Costi ha respinto la richiesta della difesa di sottoporre Mahmoud a una perizia psichiatrica. Per l’imputato si avvicina la condanna all’ergastolo. Si torna in aula il 28 ottobre, per la discussione che inizierà con la requisitoria del pm Massimo Astori. Seguirà l’intervento della Parte civile, in rappresentanza dei fratelli di don Roberto, e della difesa.

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