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Il Festival di Berlino apre una pagina nuova

La Berlinale, con la coraggiosa scelta della direzione artistica e amministrativa a Tricia Tuttle, dà un segnale nel grigiore dei grandi festival mondiali

La via degli Orsi
(keystone)
13 febbraio 2025
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Doveva essere Berlino, Festival nato in piena guerra fredda, nel 1951, per sfidare con luci e stelle dello schermo il grigiore del mondo sovietizzato, a dare un segnale nuovo nel grigiore dei grandi festival mondiali, tutti piegati senza aspirazioni allo strapotere mediatico ed economico di Cannes.

E Berlino con coraggio ha affidato a Tricia Tuttle la direzione artistica e amministrativa del Festival: l’americana, ha malignato qualcuno guardando la biografia, è nata nel 1970 nel sudista Nord Carolina. Ma è fermarsi a una data e a un luogo: era chitarrista in una rock band nel suo Paese, e trasferitasi a Londra, con la sua compagna Briony ha due gemelli di diciassette anni. In venticinque anni ha ricoperto ruoli Senior al British Film Institute, al British Academy of Film and Television e al National Film and Television School, ha diretto il Festival del British Film Institute e guidato il Bfi London Film Festival e il Bfi Flare: London Lgbtqia+ Film Festival.

Un cammino ben lontano da quello dell’ultimo direttore della Berlinale, Carlo Chatrian. E lo si comprende dal programma preparato, a cominciare dal Concorso: 19 pellicole, quasi perfettamente divise tra autrici e autori, in cui Tricia Tuttle, anziché puntare su film capaci di portare divi e tappeti rossi a Berlino, cerca di raccontare la complessità inafferrabile di un oggi sfuggente, estraneo a ogni intelligenza artificiale, reclamando il peso di un’umanità affaticata per vivere.

Un mondo di idee fra le generazioni

Interessante la maturità di registi e registe. Tra i 33 anni di Amir Fakhr al-Din, autore di ‘Yūnān’, un racconto intimo di un uomo che si sente giunto alla fine e si reca in un’ isola dove incontra una madre e suo figlio che lo aiuteranno a cambiare idea, e i 64 anni di due autori affermati come Richard Linklater e Hong Sang-soo, c’è un mondo di idee.

Richard Linklater, qui premiato per la miglior regia nel 1995 e nel 2014, porta ‘Blue Moon’, ancora con Ethan Hawke. Stavolta non un film di viaggio e crescita ma il ricordo di una data storica per lo spettacolo Usa: 31 marzo 1943, la sera della prima di Oklahoma!

Hong Sang-soo, qui vincitore nel 2020, 2021, 2022, 2024, non si smentisce e in ‘Geu jayeoni nege mworago hani’ (Cosa ti dice la natura?) dà vita a un’altra storia minimalista, quella di un poeta e una giornata nella sua famiglia. ‘Ari’, della 39enne francese Léonor Serraille, tratta ancora il tema della solitudine dei giovani che affrontano la vita, persi, disorientati e senza punti di riferimento.

Due i film svizzeri in concorso: ‘La Cache’ di Lionel Baier, commedia spensierata che ci riporta nella Parigi del maggio 1968 per sondare la confusione delle idee, basata sul romanzo di Christophe Boltanski. E ‘Mother’s Baby’ dell’austriaca Johanna Moder, coprodotta da Svizzera e Germania: Julia, direttrice d’orchestra di successo di 40 anni, e il suo compagno Georg desiderano da tempo diventare genitori. Come se fosse semplice oggi diventare genitori.

I sogni di Franco e Haugerud

In concorso anche due sogni: ‘Dreams’ di Michael Franco, e ‘Drømmer’ (Dreams), terza parte della trilogia che Dag Johan Haugerud ha dedicato a Dreams-Love-Sex, dopo i due precedenti film presentati qui (‘Sex’) e a Venezia (‘Love’). Qui la protagonista Johanne si innamora, per la prima volta, della sua insegnante. Nel film di Franco un giovane ballerino messicano attraversa il confine per inseguire i suoi sogni a San Francisco. Peccato che i sogni restino spesso tali.

‘Hot Milk’, della britannica Rebecca Lenkiewicz ci porta in un clima magico di guaritori e malattie sulle coste solitarie di Almeria. Ancora la malattia, ma senza interventi magici, di una figlia in ‘If I Had Legs I’d Kick You’ della statunitense Mary Bronstein. Atteso, sempre in concorso, ‘Kontinental ’25’ del rumeno Radu Jud: regista già premiato qui, a Cannes e due volte a Locarno, avendo in mente Rossellini racconta di un senzatetto che si suicida.

Due i film con protagonisti settantenni: ‘Reflet dans un diamant mort’ di Hélène Cattet e Bruno Forzani, coproduzione tra Belgio, Lussemburgo, Italia e Francia che narra di una vecchia spia costretta a fare i conti con la follia di un passato che non smette di inseguirla, e ‘O último azul’ del brasiliano Gabriel Mascaro: Tereza, 77 anni, ha vissuto tutta la sua vita in una piccola città industrializzata dell’Amazzonia, finché un giorno riceve un ordine ufficiale dal governo di trasferirsi in una colonia per anziani. Una poesia sul vivere.

Sempre dal Sud America arriva ‘El mensaje’ dell’argentino Iván Fund, film su una bambina di 9 anni che può comunicare con gli animali e i loro tutori e lavora come medium per animali domestici. Due i film cinesi in concorso: “Shēngxī zhīdì” (Living the Land) di Meng Huo che ci riporta nel 1991 nel suo Paese per dirci come la trasformazione socioeconomica sta profondamente influenzando la vita delle singole famiglie in tutta la vasta Cina. “Xiǎng fēi de nǚhái” di Vivian Qu invece affronta il destino di due cugine, Tian Tian e Fang, cresciute come sorelle fino a quando le difficoltà familiari le hanno separate, scaraventandole in un mondo senza felicità.

Dall’Ucraina giunge in concorso ‘Strička času’ di Kateryna Hornostaj, che mostra sia la vita scolastica segnata dai tempi della guerra, sia la vita quotidiana intrecciata con un pericolo costante.

Ancora in concorso atteso ‘La Tour de Glace’ di Lucile Hadžihalilović, vera favola cinematografica con una sedicenne che scappa da un orfanotrofio per ritrovarsi a confronto con la Regina delle Nevi. E ‘Was Marielle weiß’, del tedesco Frédéric Hambalek, dove una bambina mostra capacità telepatiche che mettono in crisi i genitori.

Tricia Tuttle ha dato vita alla nuova sezione ‘Perspectives’ dedicata a opere prime, e portato fuori concorso l’attesissimo ‘Mickey 17’, di Bong Joon-ho con Robert Pattinson, e il film che oggi inaugura la manifestazione, ‘Das Licht’ di Tom Tykwer, che forse meritava la competizione. Poi, tanti altri film nella sezione Panorama o al Forum.

Questa è Berlino: tanti film da scoprire, con l’ormai consueta incognita del buio oltre cortina e un clima da vicinissime elezioni.