Spettacoli

Ceresio Estate sulle tracce di Pasculli, il ‘Paganini dell'oboe’

Intervista all’oboista Omar Zoboli che giovedì 20 giugno nella Sala Boccadoro a Montagnola ricorderà Antonino Pasculli nel centenario della morte

Omar Zoboli
(Heitmann)
16 giugno 2024
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Secondo appuntamento con Ceresio Estate: giovedì 20 giugno alle 20.30 nella Sala Boccadoro a Montagnola, la rassegna musicale renderà omaggio al grande oboista dell’Ottocento Antonino Pasculli nel centenario della morte.

Accanto all’oboista Omar Zoboli e all’arpista Elisa Netzer, si esibiranno i giovani diplomati del Conservatorio della Svizzera italiana Tommaso Duca (oboe), Alessia Vermi (corno inglese), Marco Borghetto e Federico Battista Melis (pianoforte). Oltre a diversi concerti virtuosistici di Antonino Pasculli e un “Omaggio a Chopin” di sua figlia Giuseppina, eseguiranno un Trio di Beethoven e tre Melodie di Schumann.

Abbiamo posto alcune domande a Omar Zoboli.

Chi era Antonino Pasculli?

Pasculli (1842-1924) è stato uno dei più grande virtuosi di oboe mai esistiti. Nato a Palermo, giovanissimo è divenuto orfano di entrambi i genitori. Come da usanza già diffusa dal 1600 in Italia a Venezia e Napoli, fu affidato insieme al fratello Gaetano al conservatorio di Palermo, dove apprese a suonare l’oboe e il pianoforte. Ben presto, probabilmente ascoltando il fratello violinista, cominciò a trascrivere e suonare sull’oboe anche dei virtuosistici Capricci per violino, fra gli altri quelli di Rode, sviluppando così progressivamente un linguaggio completamente nuovo per lo strumento. Iniziò presto a dare concerti in tutta Europa, e a comporre per il suo strumento principalmente parafrasi da opere, di cui si potranno ascoltarne, nel concerto del 20 giugno, alcuni esempi mirabili.

Come mai è importante per lei?

Sono rimasto folgorato dalla leggerezza del suo virtuosismo, e dall’eleganza delle sue composizioni. Dopo aver studiato i suoi Capricci, obbligatori nei conservatori italiani, sono venuto a contatto, nella classe di Heinz Holliger, con altri brani, fra cui uno dei più spettacolari, “Le Api”, un moto perpetuo imitante il ronzio degli insetti della durata di circa quattro minuti, nonché numerosi “Concerti” su temi di opere di Donizetti, Bellini e Verdi. Ho realizzato la prima registrazione mondiale delle sue composizioni eseguendole poi in tanti Paesi. Negli anni 1980 ho conosciuto le due figlie di Pasculli ancora viventi che mi hanno regalato gli strumenti e dei manoscritti del loro padre.

Quali composizioni ci ha lasciato?

Dopo aver composto esclusivamente per l’oboe e il corno inglese (un oboe “contralto”), intorno ai quarant’anni Pasculli fu nominato direttore della banda di Palermo, e da lì iniziò una seconda fase della sua vita, dedicandosi all’insegnamento e alla composizione di grandi brani sinfonici come “Sinfonia l’Unione”, “Ischia”, “L’8 settembre ad Altavilla”… e tantissime altre.

Che valore hanno oggi queste parafrasi, spesso considerate un genere “minore”?

Oltre a essere un’entusiasmante sfida tecnica, le Fantasie di Pasculli costituiscono un’ottima maniera dal punto di vista didattico per avvicinare allo stile del “bel canto” i giovani studenti che hanno scelto questo strumento a fiato molto espressivo: fra l’altro uno dei prediletti anche da Bach per la sua vicinanza alla voce umana.

Prima dell’avvento del grammofono e della radio, e durante tutto il ’700 e l’800, le fantasie erano eseguite soprattutto nei salotti come pratica molto diffusa per riproporre, corredate di variazioni acrobatiche, le arie più famose dalle opere sentite in teatro.

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