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Miseria e anima del popolo dei bassifondi

Massimo Popolizio riporta in vita ‘L’albergo dei poveri’ di Maksim Gorkij, in scena al Teatro Strehler di Milano fino al 28 marzo

Visto al Teatro Strehler di Milano (fino al 28 marzo)
(Claudia Pajewskj)
11 marzo 2024
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È un regalo quello che Massimo Popolizio offre al pubblico portando in scena un testo e un autore di cui si son perse le tracce da decenni nel panorama teatrale contemporaneo. Si tratta di ‘L’albergo dei poveri’ di Maksim Gorkij, dramma corale allestito per la prima volta con grande successo al Teatro d’Arte di Mosca nel 1902 da Stanislavskij e Dancenko con il titolo ‘Nei bassifondi’, poi censurato ma comunque riallestito in altre città della Russia degli zar e nel resto del mondo. In Italia approda il 18 maggio 1947, scelto da Giorgio Strehler per l’inaugurazione del Piccolo Teatro di Milano, ed è proprio Strehler a cambiare il titolo originale in ‘L’albergo dei poveri’, che riallestirà nel 1973.

Massimo Popolizio sceglie di riproporlo a distanza di tanti anni proprio sulla scena del Piccolo Teatro (non più però in via Rovello, ma nel più ampio Teatro Strehler), che lo coproduce con il Teatro Argentina di Roma. Insieme ad Emanuele Trevi mette mano al testo, lo riduce, inserisce frasi e battute di autori come Puskin, Tolstoj, Cechov, Cormack Mac Carthy e lo stesso Trevi, introduce un nuovo personaggio, un migrante detto Il Principe, e coinvolge un riuscito cast di cui lui stesso è parte, nel ruolo misterioso di Luka, il pellegrino.

Il dramma di Gorkij, figura leggendaria di quel mondo denso di eccellenze artistiche che fu la Russia pre-rivoluzionaria, è un affresco di vita e di morte nei bassifondi di una città, dove in uno scantinato sudicio e maleodorante si trovano a condividere spazio vitale, passioni e stracci i vagabondi e gli emarginati, ladri, assassini, ex carcerati, prostitute, bari, rifiuti della società. C’è Anna, sposa bambina infelice e malata del rozzo Kletsch che la disprezza, c’è l’Attore alcolizzato che non lavora più e finirà con l’impiccarsi, c’è il ladro Pepel che vorrebbe cominciare una nuova vita con la giovane e claudicante Natasha, ma è invischiato in una relazione con la sorella di lei Vasilisa il cui marito è il padrone del dormitorio, c’è Nastja, la ragazza che evade dalla crudeltà della vita grazie alle pagine di un romanzo d’amore, c’è il pellegrino Luka che irrompe nel mondo di quei miserabili portandovi un soffio di speranza. E ci sono i temi filosofici cari ai grandi autori russi, legati all’esistenza di Dio e alla condizione umana, che si mischiano alle miserie di una vita segnata dallo sfruttamento e dalle incolmabili disparità sociali, una sorta di destino ineluttabile contro cui è impossibile lottare, perché dal gorgo dei bassifondi non si esce mai, non si esce più che per pochi respiri con qualche lampo di poesia, prima di sprofondarvi di nuovo contro ogni luce e ogni speranza. Un dramma monumentale, tutto testo e interpretazione, di respiro shakespeariano, non facile da restituire in modo convincente nelle sue molteplici sfaccettature tragiche, ironiche, sarcastiche, perfino comiche senza perdere di credibilità.

Il metodo Stanislavskij da tempo non basta più e il ricordo di Luca Ronconi – di cui Popolizio è stato sublime allievo – sul lavoro degli attori è una eco, talvolta straniante o spiazzante, talvolta estrema e addirittura inopportuna, che ben si percepisce nello spettacolo. Bisognerebbe citarli tutti e sedici gli interpreti, ma mi limito a ricordare l’eccellente e quasi irriconoscibile Silvia Pietta nel ruolo dell’ex prostituta Kvasnja, Raffaele Esposito (indimenticabile Matteotti nel precedente lavoro di Popolizio, qui nei panni di Pepel, ladro in cerca di riscatto sociale), l’insopportabile Vasilisa di Sandra Toffolatti e Giovanni Battaglia nei panni del Barone. La tenera Anna di Zoe Zolferino appartiene alla scena più toccante, nella sua pura essenzialità, dell’intero allestimento, quella in cui l’indecifrabile e umanissimo pellegrino l’accompagna all’estremo momento della morte. ‘L’albergo dei poveri’ è in scena al Teatro Strehler fino al 28 marzo.

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