Cinema

Il regista iraniano Dariush Mehrjui è stato ucciso

Accoltellato a morte nella sua villa, uccisa anche la moglie. I due avevano subito minacce. Fu tra i fondatori della New Wave iraniana.

(Armin Karami)
15 ottobre 2023
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Dariush Mehrjui, 84 anni, è stato accoltellato a morte nella villa dove abitava. Stessa sorte è toccata alla moglie, la scrittrice Vahideh Mohammadifar, che prima dell'aggressione aveva postato sui social media che la coppia era stata minacciata con un coltello da un individuo non iraniano, presumibilmente un cittadino afghano. Secondo la polizia, arrivata sul posto allertata dalla figlia di Mehrjui, le prove indicano che l'omicidio è avvenuto a opera di persone non identificate, “con ferite da coltello al collo e in altre parti del corpo”.

Innovativo

Regista e produttore, tra i fondatori della New Wave iraniana dei primi anni '70, Dariush Mehrjui era considerato uno dei più grandi rappresentanti del cinema iraniano, con una carriera che si è dovuta sempre confrontare con la censura, prima e dopo la rivoluzione islamica del 1979. Nel 1971, con l'innovativo ‘Gaav’ (La mucca), aveva ricevuto il premio della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia.

Nato l'8 dicembre 1939 a Teheran da una famiglia borghese, Mehrjui mostrò subito interesse per la pittura di miniature e per la musica, attratto da santur e pianoforte. Grazie al cinema, sua grande passione, cominciò a imparare l'inglese per potersi godere al meglio i film americani. Si trasferì poi negli Stati Uniti a studiare filosofia, prima di tornare in Iran dove lanciò una rivista letteraria e, nel 1966, girò il suo primo film, ‘Diamant 33’, una parodia dei film di James Bond. Diresse poi film di grande respiro sociale come ‘Le Cycle’ (1974), ‘Les Locataires’ (1987) e ‘Hamoun’ (1990).

Dopo la rivoluzione islamica del 1979, Mehrjui rimase alcuni anni in Francia, dove diresse la docu-fiction ‘Le Voyage au pays de Rimbaud’. Personaggio eclettico, tradusse in persiano opere dello scrittore francese Eugène Ionesco e del filosofo marxista tedesco Herbert Marcuse. Tornato in Iran, trionfò al botteghino con ‘Les Locataires’, nel 1987. Nel 1990 firmò ‘Hamoun’, una commedia nera su una giornata di vita di un intellettuale ansioso per il suo divorzio, in un Iran invaso dalle società tecnologiche Sony e Toshiba. Nel decennio successivo, il regista si dedicò a suggestivi ritratti di donne in film come ‘Sara’, ‘Pari’ e ‘Leila’, quest'ultimo un melodramma su una donna sterile che incoraggia il marito a sposare una seconda moglie.

Maestri

Folgorato da bambino da ‘Ladri di biciclette’ di Vittorio De Sica, Mehrjui ha più volte ribadito di essere stato fortemente influenzato anche da Ingmar Bergman e Michelangelo Antonioni. In un'intervista ai media iraniani aveva spiegato, quasi a giustificarsi, la sua filosofia creativa: “Non faccio direttamente film politici per promuovere una tale ideologia o il mio particolare punto di vista. Ma, va detto, che tutto è politico e poi il cinema, come la poesia, non parteggia per nessuno. L'arte non deve diventare mai uno strumento di propaganda”.

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