Ottima gestione delle scene d’azione e del comparto sonoro: non convince la sostanza del film di Gareth Edwards, che sembrava avere grandi ambizioni
Dopo un ottimo esordio con l’indipendente ‘Monsters’ (2010), Gareth Edwards si è sempre più spostato verso la fantascienza ad alto budget, comunque con discreti risultati nonostante le premesse narrative: il reboot ‘Godzilla’ (2014), già 32esimo film di una saga infinita, così come ‘Rogue One - A Star Wars Story’ (2016), si preannunciavano dei successi garantiti, anche solo perché parte di enormi franchise. C’era dunque una nuova possibilità con questo ‘The Creator’, essendo il primo film originale del regista da oltre un decennio, anche perché incentrato sull’IA, tema sempre attuale nonostante i quasi 25 anni di distanza dal cult che fu ‘Matrix’ (1999). Purtroppo le aspettative sono state disilluse perché, malgrado la solidità del lato visivo e sonoro, c’è poco o nulla d’altro in un film che forse denota anche una certa pigrizia, visto l’autosaccheggio dal film precedente, a volte molto lampante.
In un futuro in cui gli Stati Uniti hanno intrapreso una guerra con le IA, accusate di un bombardamento nucleare a Los Angeles, Joshua è un agente sotto copertura in Nuova Asia, alla ricerca di Nirmata, il Creatore, leader segreto della fazione ribelle. Durante la sua missione, l'accampamento viene bombardato dal Nomad, un’enorme base spaziale americana, che uccide così molti dei presenti tra cui la moglie incinta Maya. Distrutto dalla perdita, Joshua viene comunque reclutato per sottrarre la presunta arma finale appena ultimata dalle IA, grazie a un ologramma che mostra la moglie ancora in vita. L’arma finale si rivela quindi essere poi una bambina, unica nel suo genere e capace di controllare ogni apparecchio in remoto, che viene salvata da Joshua portandolo a mettere in discussione il suo odio verso le macchine.
In ‘The Creator’ si riconferma dunque la capacità dal lato tecnico di Edwards, così come quella del compositore Hans Zimmer, forse meno memorabile del solito, che però non soppianta delle evidenti problematiche a livello di struttura, trama e gestione dei personaggi. L’intera piattaforma e costruzione, il world building, è molto confusa e poco credibile, anche con il patto iniziale che fa lo spettatore con questo genere di film; il finale a tarallucci e vino è piuttosto telefonato, così come altri colpi di scena. C’è qualche soluzione e tecnologia futuristica interessante ma non approfondita più di quel tanto e le IA, qui metafora per gli oppressi soprattutto della Guerra in Vietnam, sono alleate e supportate da tutto il resto del mondo, eppure una minoranza, rendendo inafferrabile l’entità di questa fazione ribelle.
Oltre a ciò, la trama stessa poggia su una menzogna, rivelata dal personaggio di Harun, un’IA con sembianze umane chiamata simulant, che rende insensati i presupposti iniziali sia della costruzione del Nomad, sia della guerra stessa. Anche l’arma simulant bambina, battezzata ‘Alfie’ da Joshua e la cui creazione stessa si rivela essere superflua e senza scopo, vorrebbe portare una riflessione sul nostro rapporto con le nuove tecnologie ma, se anche presente, risulta molto superficiale e masticata, risolvendo il tutto praticamente allo stesso modo, anche visivo, di ‘Rogue One’.
Altra confusione si crea con i personaggi e le loro scelte, spesso inspiegabili rispetto alla loro caratterizzazione, oltre che ai legami che si creano tra loro: Joshua è una mina vagante con sentimenti antipatriottici e si ripete la convinzione errata secondo cui le IA sono solo macchine programmate, eppure viene comunque reclutato per la missione, mandandola a rotoli come previsto e sviluppando un affetto altalenante per la bambina, che è di fatto solo un mezzo per arrivare alla moglie.
La gestione dei personaggi, ma soprattutto quella del ritmo e del pathos, rende difficile per lo spettatore attaccarsi emotivamente, anche nelle scene che vorrebbero essere toccanti, con conseguente abbassamento del livello di coinvolgimento. Sebbene si potesse approfondire e migliorare assai di più, in ‘The Creator’ sono presenti elementi interessanti che auspicano più numerose produzioni originali.